Ultima modifica 17 Giugno 2023
Parliamo di vittime di bullismo.
Nel post precedente si era sottolineata non è plausibile e sostenibile che vi sia un passaggio da status di bullo a status di vittima e viceversa.
I due ruoli appaiano infatti piuttosto rigidi.
La ragione di ciò risiede nel fatto che paiono esistere delle caratteristiche di personalità (ovviamente ancora in via di definizione, trattandosi di bambini e adolescenti) che identificano sia il bullo sia la vittima.
Essere prevaricati: il disagio della vittima
Se nel caso del bullo è evidente una spiccata aggressività, che trova realizzazione in atteggiamenti e comportamenti provocatori e prevaricatori, per quanto riguarda la vittima si può affermare che questa componente manchi o, quantomeno, è raro che trovi una manifestazione visibile.
Qualora la vittima mostrasse aggressività, lo farebbe più che altro verso se stessa. Per esempio rimuginando per la sua incapacità di difendersi, per il fatto di non riuscire a trovare dei modi per reagire o farsi valere, ecc.
Si può dunque affermare che l’emozione principale che sembra caratterizzare la vittima sia la paura del mondo esterno e del mondo interno e personale.
Più precisamente, le vittime dei bulli mostrano un livello di ansia e insicurezza superiore alla media dei coetanei, si potrebbe dire che siano come pervasi dalla paura di sbagliare e di essere giudicati. Tali timori sono strettamente connessi a bassa autostima e scarsa considerazione di se stessi e delle proprie capacità personali.
Molto sinteticamente, una potenziale vittima è una persona che non si piace.
Una persona che si reputa stupida, fallita, poco attraente e, in generale, inferiore agli altri, tanto che spesso arriva a pensare di meritarsi i soprusi dei bulli e che tali comportamenti siano normali per chiunque nella sua condizione.
Può passare molto tempo prima che genitori o insegnanti si accorgano che il figlio o lo studente sia vittima di bullismo.
Infatti, dato il loro livello di autostima e di disagio, le vittime tendono a evitare le relazioni amicali e personali e a chiudersi in se stesse, isolarsi e comunicare in modo inadeguato.
La vittima di bullismo fin qui descritta è certamente quella maggiormente diffusa tra i bambini e i ragazzi e, nel linguaggio degli addetti ai lavori, viene definita come passiva o sottomessa. Tuttavia, ne esiste un’altra tipologia che, pur condividendo con quella precedente, un alto livello di ansia, insicurezza e autostima e la tendenza a isolarsi (o a essere isolata?
A volte il confine è più labile di quanto si creda!), si distingue in quanto mostra comportamenti reattivi e provocatori (è infatti definita come vittima provocatrice).
Si tratta di persone che mostrano grande difficoltà a concentrarsi e un’alta iperattività, tanto che, con i loro atteggiamenti, portano a reazioni negative e infastidite anche gli adulti e i compagni di classe.
A differenza delle vittime sottomesse, quelle provocatrici possono avere scatti di rabbia e aggressività.
Questi sono però sostanzialmente differenti da quelle del bullo (in questo senso, risulta altamente improbabile, per non dire impossibile, che queste persone possano esercitare bullismo).
Infatti, il bullo esercita la sua aggressività in modo sistematico e continuativo, verrebbe da dire in maniera metodica e scientifica, cosa che la vittima provocatrice non pare assolutamente in grado di fare.
In sintesi, dai brevi ritratti di bullo e vittima che sono stati fin qui proposti, si può affermare che il bullismo è un fenomeno strettamente legato alla socialità e alle sue difficoltà.
Dunque, una prima indicazione che si può fornire e su cui riflettere è: quali sono i modi per educare i bambini e i ragazzi a relazionarsi bene tra loro?