Ultima modifica 28 Aprile 2021

Se il 2019 è terminato con una bruttissima notizia di vite spezzate per una concomitanza di spregiudicatezza e abuso di sostanze alcoliche, non possiamo certo dire che il 2020 è cominciato in modo migliore.

La storia di Pietro, Gaia e Camilla risuona ancora nelle nostre orecchie incredule e il silenzio mediatico che (finalmente) si è posato su questa tragedia ha, per me, il clangore di un macigno di timore che difficilmente riuscirò a scrollarmi di dosso.

Su questa storia si è letto e sentito di tutto e ogni voce si è concentrata sul giudizio dell’uno o delle altre. Dimenticando che in quella situazione tutti hanno perso.

Gaia e Camilla hanno perso la vita. Le loro famiglie hanno perso delle figlie.
Pietro ha perso la serenità di un’adolescenza appena iniziata. La sua famiglia rischia di perdere un figlio probabilmente logorato dal senso di colpa.
Il mondo degli adulti ha perso il senso della problematica realtà e rischia di fallire nel suo ruolo educativo.

Ma la storia di Pietro, Gaia e Camilla è la punta di un iceberg che è spuntata oltre il pelo dell’acqua esclusivamente a causa del cognome di colui che guidava l’auto.

Oggi, più di ieri, il problema dell’uso e dell’abuso di alcol negli adolescenti sta diventando un’emergenza importante.

alcolismo adolescenti

Lo confermano anche i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza: i ragazzi si avvicinano all’alcol sempre più precocemente.
Nella fascia d’età compresa tra gli 11 e i 13 anni, il 36% dichiara di bere bevande alcoliche e 1 su 10 si è già ubriacato.
Nei ragazzi più grandi la percentuale sale notevolmente: il 55% degli adolescenti dai 14 ai 19 anni beve alcolici e il 24% ne ha abusato fino a stare male.
Oltre 3 adolescenti su 10, inoltre, hanno partecipato a giochi e sfide lanciate in rete che prevedono ad esempio di bere tutto in un sorso una bevanda alcolica. Generalmente un superalcolico.

questo nuovo fenomeno che spopola tra gli adolescenti si chiama Binge Drinking.

Un fenomeno in crescita che vede i ragazzi, già a 13 anni, passare le serate bevendo molto per sballarsi.

Per molti giovanissimi il binge drinking è diventato un nuovo modo per stare insieme, in gruppo con il bicchiere in mano: alle feste, in discoteca, ai ritrovi nelle strade e nelle piazze. Ma anche a casa, quando i genitori sono assenti.

Al netto degli evidenti problemi fisiologici che questa pratica induce negli adolescenti è importante cercare di comprendere le motivazioni che soggiaciono in questo fenomeno.

Insomma: la domanda a cui cercare di dare risposta è semplice.

Perché gli adolescenti hanno bisogno di bere così tanto per stare in gruppo?

Non ci sono ancora ricerche in merito ma le motivazioni possono, a mio parere, essere molteplici.

adolescenti che vogliono fare gli adulti
In primo luogo il tentativo, caratteristico di questa età, di sentirsi più “adulti” di quello che si è effettivamente.

Perché (inutile ricordarlo) l’adolescenza è quell’età in cui ci si sta formando e i modelli che i nostri ragazzi hanno di fronte veicolano i loro comportamenti. D’altra parte è dalla metà degli anni ’90 (proprio l’epoca in cui noi genitori eravamo mediamente adolescenti) che nasce in Italia la moda dell’happy hour: una pratica di promozione delle vendite nata nei paesi anglosassoni per attirare la clientela nei pub dopo l’uscita dal lavoro.

La moda (inizialmente milanese ma poi traghettata un po’ ovunque) di fare l’aperitivo è tipica della nostra generazione. E l’abbiamo tristemente trasferita in eredità comportamentale ai nostri figli.

La pratica dell’aperitivo, in sé, non sarebbe così deleteria se non si fondesse con un’altra caratteristica dell’adolescenza.

superare i limiti
In secondo luogo, infatti, in adolescenza rimane tipica la continua necessità di superare i limiti.

Il confronto con il gruppo, il reggere la competizione, il mostrarsi “meglio” degli altri è una caratteristica fondamentale dell’adolescenza che trova una declinazione negativa anche in quelle che sono le trasgressioni. E l’alcol è una di queste: il cui utilizzo è il simbolo (anche legislativo) del raggiungimento dell’età adulta.

Due componenti (la ricerca della propria dimensione adulta e la necessità di sfondare i confini) che purtroppo vengono negativamente completate da una terza fin troppo evidente in questa epoca.

adolescenti e acolismo
In terzo luogo c’è, appunto, la fatica di relazionarsi con gli altri senza riuscire a far tacere i freni inibitori. Fatica che si sta facendo sempre più accentuata.

Purtroppo in quest’epoca dove l’immagine virtuale (manipolata a dovere mostrando ciò che vogliamo illudendosi di un Photoshop della personalità) i ragazzi hanno difficoltà nelle relazioni personali perché temono che gli altri vedano quello che realmente sono. E che non soddisfa loro per primi.

Purtroppo perché una (indigesta) torta sia “perfetta” manca la classica ciliegina. Che altro non è uno dei difetti peggiori di questa epoca.

Gli adolescenti non hanno (più) alcuno stimolo a guadagnarsi le cose.

Tutto (o quasi, ma anche senza il quasi) è troppo a loro portata di mano: hanno smarrito – o forse non hanno mai conosciuto – il senso del guadagnarsi le cose, del fare fatica nel raggiungere gli obiettivi, del dover lottare davvero per ottenere ciò che vogliono.

Forse questo potrebbe essere un tentativo di arginare la nuova emergenza: fare in modo che gli adolescenti tornino a fare gli adolescenti. Cioè coloro che si scontrano con i limiti imposti dal mondo adulto. Un mondo adulto che si ponga come vincolo e non come facilitatore di ogni processo.

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