Ultima modifica 14 Dicembre 2020
Il Natale quando arriva arriva suona la réclame.
E chissà che questo Natale col Covid possa avere un suo perché, nonostante tutto e nonostante i Dpcm e e restrizioni.
Natale col Covid, magari apprezziamo anche questo.
Negli anni trascorsi in “normalità”, in tante famiglie la mia compresa questi erano i giorni dei regali, del “che facciamo il 24?”, del “Che mangiamo il 25?”. Pensavamo ai figli, ai genitori, ai parenti, alla tavola e all’albero.
Ricordo anche che prima del Natale col Covid mi impegnavo a spiegare questa importante festività religiosa ai miei figli piccoli.
Oppure in era tecnologica facevo incetta di siti per confezionare un video con Santa Claus, o una telefonata direttamente dalla Lapponia.
Sarà che i figli sono grandi, sarà che il Natale col Covid non era in previsione, ma io vedo in giro un po’ di tristezza, o di rassegnazione.
E forse è venuto il momento di tirare fuori la favola che raccontavo ai miei figli.
Per riappropriarci del significato di questa festa della Natività a prescindere dalla mancanza delle tavolate coi parenti.
Perché Natale non è solo Santa Claus che sbuca giù dal camino e porta regali a piccoli e grandi, ma anche e soprattutto (per chi ci crede) un momento di mistero e di fede.
Un giorno nel quale più di 2000 anni fa nacque un uomo che in un modo o nell’altro cambiò l’animo di tante persone, a partire da quel momento.
C’era una volta, in Galilea, un paese non molto lontano dal nostro, una coppia di nome Giuseppe e Maria.
Giuseppe, un falegname, aveva sposato Maria, e lei accudiva il marito nella loro casa.
Un giorno alla donna apparve un angelo che si chiamava Gabriele.
Si, in Galilea i bimbi non li portavano le cicogne e non nascevano sotto i cavoli.
I messaggeri erano angioletti, e Gabriele disse a Maria che presto avrebbero avuto un bimbo, che si sarebbe chiamato Gesù, e sarebbe stato un re.
Immaginatevi la felicità di una coppia di sposini a pensare al loro futuro da famiglia.
Giuseppe però, poco dopo, avrebbe dovuto compiere un viaggio nella sua città di nascita, Betlemme.
C’era un censimento in corso e lui avrebbe dovuto “registrarsi nel suo comune“, diremmo oggi.
Allora il mezzo di trasporto più comune per la gente come Giuseppe e Maria era l’asino, per cui si misero in cammino di buon’ ora per compiere questo servizio.
Maria, che lo volle assolutamente accompagnare, aveva un gran pancione. Il loro primo figlio stava per nascere, ma lei voleva restare accanto al marito.
Poco prima di arrivare a Betlemme però Maria disse a Giuseppe che il bimbo sarebbe nato di lì a poco. E Giuseppe così si convinse a fermarsi e a trovare un rifugio. I due non trovarono di meglio che riparare in una piccola capanna nei pressi della città di destinazione. E visto che questo bimbo non ne voleva sapere di aspettare, nacque in un giaciglio di fortuna.
Gli angeli però, visto che questo bimbo era destinato a diventare un re, questa volta vollero spargere la notizia a tutti i pastori delle vicinanze.
“Non temete- disse uno di loro -, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”.
Proprio nel momento in cui nacque Gesù in cielo apparve una grande stella raggiante e luminosa. All’epoca si raccontava che l’apparizione di una cometa avrebbe portato grandi novità nel mondo.
E fu così che tre astrologi provenienti da Oriente si presentarono al cospetto di Gesù dopo aver detto: “Abbiamo visto una stella grandissima, che brillava tra le altre e le oscurava al punto da non vederne più altre.
Noi abbiamo capito che era nato il re di Israele, e siamo venuti ad onorare la sua nascita”
Ma non un re qualunque, un uomo che porterà infinita gioia, serenità e pace.