Digitalizzazione a scuola: no! Anzi sì. Riflessioni sull’operato del Mi(ni)stero dell’istruzione e del merito

Ormai da diverse settimane, in tutta Italia, è suonata la prima campanella per milioni di studenti.

Augurando ad ognuno di loro ogni bene per l’anno appena cominciato, colgo l’occasione per condividere con i miei lettori alcune riflessioni sul mondo della scuola contemporanea (che poi, in senso lato, sono riflessioni sul futuro dei nostri figli).

La scuola di ieri, la scuola di oggi: un ponte è possibile?

In quel lungo e inesorabile processo di decadimento che ha coinvolto la scuola italiana negli ultimi decenni, tramutandola da modello pedagogico di riferimento (in Europa ma non solo) a malriuscita scimmiottatura dei sistemi d’istruzione di matrice anglo-sassone (meramente votati alla tecnica), si è concretizzata de facto la costruzione di un’infrastruttura fondata – a partire dalle scuole materne fino alle università – sui modelli e i processi aziendalistici tipici del neo capitalismo imperante a scapito dei tradizionali metodi pedagogici (pensiamo al metodo Montessori) staccati dalle impersonali dinamiche del libero mercato (con le sue regole calate dall’alto e chissà da chi) e miranti innanzitutto all’autocostruzione, alla libertà etica, alla formazione culturale dei discenti.

Fatta questa breve ma doverosa premessa, possiamo meglio inquadrare le evidenti difficoltà incontrate recentemente dall’attuale Ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara, nel tentare di costruire un ponte tra due realtà scolastiche agli antipodi: la scuola tradizionale, orientata alla costruzione della persona e calata sulla realtà reale, e la scuola del futuro, che sforna per lo più consumatori dentro la sempre più asettica bolla della realtà virtuale.

Smartphone in classe? Anche basta, bravo Ministro!

Succede così che l’11 luglio di quest’anno, a pochi mesi dalla ripresa delle lezioni, il suddetto Ministro firmi un documento (prot. n° U.0005274) che ha per oggetto quanto segue:

“Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione”.

Fantastico, penso io!

Digitalizzazione a scuola

Finalmente anche ai piani alti iniziano a capire quanto sia necessaria una regolamentazione che metta un freno all’uso indiscriminato dei dispositivi elettronici in ambiente scolastico.

Nel documento vengono all’uopo citati “importanti studi internazionali” dai quali emerge quanto l’abuso dei dispositivi elettronici determini un campionario piuttosto variegato di effetti deleteri sul rendimento scolastico.

L’iniziativa non può che trovarmi concorde.

Non sono un luddista dell’ultim’ora, e nel tempo ho accettato (a fatica, lo ammetto, mannaggia alla sincerità!) che smartphone, tablet, pc, playstation e compagnia digitalizzando facciano parte della quotidianità di miliardi di persone nel mondo.

Tuttavia credo fermamente che in determinati ambienti (ad esempio nelle scuole), a determinate ore del giorno (ad esempio la mattina), per determinate categorie (ad esempio per bambini fino ai 16 anni), l’utilizzo di queste macchine vada opportunamente regolamentato.

Non è un caso che qualche settimana fa, il pedagogista Daniele Novara e lo psicologo Alberto Pellai abbiano lanciato una petizione per introdurre una legge che vieti il possesso dello smartphone fino ai 14 anni di età e l’accesso ai social network fino ai 16.

Forse un’iniziativa tardiva, come ha sottolineato la Dott.ssa Elisabetta Frezza, cionondimeno un segnale che qualcosa tra le nuove generazioni non stia girando per il verso giusto e che è finalmente giunto il momento di sollevare la questione sugli effetti deleteri prodotti dalle nuove tecnologie sui nostri adorati figli.

(En passant, per chi volesse saperne di più ed eventualmente firmare la petizione, lo potete fare qui.)

Digitalizzazione a Scuola, Smartphone no e A.I. sì: qualcosa non torna.

Digitalizzazione a scuola

Ma torniamo al nostro caro Ministro.

Immaginate di trovarvi su una panchina (senza tettoia) in una fredda mattina d’inverno: state aspettando che passi l’autobus per andare a lavoro.

Per proteggervi dalla rigidità della temperatura vi siete vestiti a cipolla: maglia della salute, maglia della salute sulla maglia della salute, maglione a dolcevita, cappotto, sciarpa, guanti, cappuccio di lana.

State bene, nessun tremore, l’armatura di stoffa funziona a puntino.

All’improvviso, un buontempone del primo piano (siete sotto un balcone), decide di svuotare sulla vostra testa un secchio di 6 litri d’acqua gelida con tanto di cubetti di ghiaccio che non si sa mai.

Senza respiro, storditi, tremolanti come una crème caramel, vi passa davanti l’autobus.

E avevate pure finito le ore di permesso.

Ecco, è esattamente così che mi sono sentito quando l’altro giorno, navigando su Internet, mi sono imbattuto in un articolo di Orizzonte Scuola che più o meno diceva così:

L’intelligenza artificiale, come previsto, sbarca tra i banchi di scuola (dov’è che sbarca cosa? E poi previsto da chi? Come? Quando? Perché?)

Lo aveva annunciato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara (chi è che lo aveva annunciato? Valditara? Quello stesso Valditara che a luglio ha vietato la tecnologia in classe a settembre sta autorizzando la tecnologia in classe?), che aveva scelto il palcoscenico (certo, è uno spettacolo la scuola, un circo, domatori di leoni lasciate spazio ai clowns, forza, forza, smammare!) del Forum di Cernobbio per presentare il progetto pilota che partirà a settembre in quindici classi di quattro regioni italiane: Lombardia, Toscana, Lazio e Calabria. […]

Si tratta di una sperimentazione che durerà due anni (esperimenti sui nostri ragazzi? Ho letto bene? E se l’esperimento, poniamo, fallisce?) e che prevede l’utilizzo di un software installabile su Google Workspace, inizialmente focalizzato sulle materie STEM – scienze, tecnologia, ingegneria e matematica – e sulle lingue straniere.

L’assistente virtuale sarà in grado di individuare le difficoltà di apprendimento dei singoli studenti e di segnalarle sia al docente che all’alunno stesso (vuoi mettere la sensibilità di un assistente virtuale, ché un professore in carne e ossa magari quel giorno ha la luna storta e ti rimprovera lo studente senza uno straccio di motivo?).

Vedete bene come nell’arco di un trimestre il Mi(ni)stero dell’istruzione e del merito abbia lanciato due iniziative che definire dannatamente contraddittorie è un eufemismo.

Che sia uno scherzo?

Eppure anche il Marchese del Grillo ebbe a dire che quando si scherza bisogna essere seri. E Valditara, purtroppo, mi sembra serissimo.

A voi le conclusioni.

Mi chiamo Ivan Randazzo e sono nato a Catania, città dove vivo tuttora, il 27/09/1981. Lo stesso giorno di Francesco Totti e Jovanotti, per sfortuna. Sono padre di due bambini meravigliosamente fantastici e dopo più di vent'anni di conoscenza sono ancora innamorato di mia moglie, incredibile ma vero! Ho frequentato la Facoltà di Lettere Moderne ma, a pochi passi dal conseguimento della laurea, in polemica con il mondo accademico in vistoso degrado etico e culturale, ho deciso di abbandonare gli studi (quelli istituzionali intendo) e di accettare un'allettante proposta di lavoro. Scrive poesie, racconti per l'infanzia e articoli su tematiche varie. Inutile sottolineare che amo leggere, quando e dove posso. Se dei ladri decidessero di scipparmi rimarrebbero delusi, dentro la mia borsa troverebbero più libri che contanti. Nel 2022 ho pubblicato, per la casa editrice Akkuaria, la mia prima raccolta poetica dal titolo "Metapensieri". Sono una persona umbratile, tendente al malinconico, anche se non mi tiro mai indietro quando c'è da farsi quattro belle sane risate tra amici. Il mio motto? "Vorrei essere come i pesci, che sanno vivere annegati"

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here