Ultima modifica 2 Settembre 2016
Sono mamma perché l’ho voluto immensamente, ho cercato e desiderato alla follia mio figlio. Ancora adesso che sono trascorsi sei anni dalla sua nascita, mi emoziono ricordando il momento, la prima volta in cui l’ho visto. Ero rintronata dal cesareo ma il senso di amore viscerale che ho provato in quell’istante farà sempre parte di me. “Non ho più l’istinto materno”.
È una battuta, naturalmente. Acida, ma una battuta. È quello che, in media una volta al mese, rispondo alla signora che incontro – sempre – quando porto fuori il cane. Si è messa in testa che debba fare un altro bambino, dare a Michele un fratellino o una sorellina e, veramente, non mi lascia più in pace! Come devo spiegarle, come posso farle capire che io sto bene così? Anzi, che noi tre (perché anche il maritino, un ruolo in tutto questo, ce l’ha…) stiamo bene così? Che, finalmente, dopo anni turbolenti, abbiamo trovato il nostro equilibrio, come famiglia dico ma anche come coppia?
I primi tempi, quando Michele era un neonato, non sono stati per niente semplici. I miei ormoni, un giorno sì e uno no, facevano festa ed era meglio starmi alla larga. Insomma, anche per il maritino non deve essere stato facile starmi accanto, tornare a casa la sera e trovare una quasi sempre incazzata, con lui che – fortunato – se ne era stato tutto il giorno in ufficio a lavorare e, a casa, non era neppure in grado di cambiare unpannolino…
Quindi non serviva a nulla, “disturbava” solo il rapporto simbiotico mamma-bambino. Ma è stato bravo perché mi ha aspettato. Ha atteso che tornassi a piacermi, ad accettare il mio nuovo ruolo (e il mio nuovo fisico) di madre senza escludere quello di donna. Ha atteso, paziente, che tornassi a stare bene con me stessa e, di conseguenza, con lui.
Sono mamma e anche donna. Aspettate! Il discorso non è mica così semplice… Ogni volta che la signora che incontro quando porto fuori il cane torna all’attacco, mi spiega che il mio bambino, quando diventerà adulto, si troverà per forza di cose a vivere certe situazioni da solo, ad esempio quando io e mio marito non ci saremo più.
Tié! Scusate ma… non si sa mai.
Beh, da pochi giorni ho perso mio padre cui ero legatissima. Ho vissuto tutte le fasi della sua malattia, anche quelle terminali, standogli sempre accanto e condividendo ogni pensiero, ogni emozione, ogni istante e ogni pianto con i miei fratelli. Non sono stata, mai nella vita, sola. E ho iniziato a capire le parole di quella signora.
Qui lo dico e non lo nego: avere un fratello o una sorella (o entrambi), è cosa buona e giusta.
Sono una mamma/donna e goista? Forse. Quando, camminando per la strada, vedo una futura mamma col pancione non mi fa per niente tenerezza; anzi, penso “Poveretta, com’è grossa”. E se vedo un bel neonato in carrozzina… sì, mi piace ma se inizia a strillare dico “Bipbip tuoi!”.
Forse, davvero, il mio istinto materno è andato in pensione. Se così fosse, però, non amerei in questo modo mio figlio. Forse sono solo pigra e mi spaventa (molto) dovere ripercorrere le fasi iniziali del mio essere mamma, quando, sul serio, ero inesperta e quindi molto apprensiva: le nottate in bianco, le coliche…
E la fase bambino/asilo/lavoro/casa/marito/tempopermezero/sempreamilleallora è stata allucinante. Sapete cosa vi dico? Che ogni donna – secondo me – debba fare, nella vita, quello che si sente. Scegliere ciò che ritiene più giusto per sé e per la propria famiglia. C’è chi preferisce avere solo un figlio e chi, invece, di più. Io (anche ora che sono una casalingapiùchesoddisfatta alla faccia del Telefilm), razionalmente, non voglio un secondo figlio. Col cuore, forse sì. Non lo so ancora, tutto qui. Certo, sono consapevole che sia il caso di scoprirlo prima di andare in menopausa… Forse è dannatamente vero che, a volte, sarebbe meglio non pensare troppo. E vivere. Semplicemente vivere, tutto, fino in fondo.
Antonella