Ultima modifica 20 Aprile 2015
In questo caso non si tratta dei mariti o dei compagni, troppo, forse spesso, accusati di rendere difficile e stressante la vita al femminile e neppure si tratta della prole che, più o meno numerosa, accentua la corsa giornaliera delle manne. Anzi, si tratta proprio dei figli, ma solo di quelli maschi e solo prima della loro nascita, cioè durante la gravidanza. Questo il risultato di uno studio finlandese che afferma che il solo fatto di aspettare un figlio maschio riduce l’aspettativa di vita di una madre addirittura aumentando il rischio di morte del 7%.
La prof.ssa Helle dichiara di aver provato che la nascita di ogni figlio maschio ruba alla mamma 34 settimane di vita. La professoressa non è nuova a questo tipo di studi, anzi, sembra che sia un appassionato del calcolo sugli anni di vita che restano ad una donna secondo le gravidanze, ma, e soprattutto, secondo il sesso dei nascituri. Ma è interessante vedere da cosa e come lo ha dedotto.
È andata a spulciare attentamente i registri parrocchiali delle comunità finlandesi (la patria di Helle) dal XVII al XX secolo e da quella lettura, fatti calcoli opportuni (quali siano questi calcoli non si sa) ha dedotto che ad una donna che partorisce a 37 anni, il periodo di vita da vivere che le sarà ancora concesso sarà strettamente legata al sesso del bimbo e cioè se il piccolo sarà maschio la sua aspettativa di vita sarà di 33,1 anni, 32,7 se i maschi saranno tre, 32,4 se saranno sei. Cioè, penso, perché non è assolutamente chiaro…se sarà l’unico figlio maschio avrà 33,1 medi di vita, se sarà l’ultimo di 6 ne avrà 32,4, mamma mia che differenza!
Una donna si presume che abbia una vita più difficile e pesante se avrà 6 figli, maschi o femmine che siano, piuttosto che 1 solo, anche se maschio. Ma non si ferma ai numeri la dott.ssa Helle, no, abbonda nelle considerazioni, a volte lapalissiane, che non avevano bisogno per essere dedotte da una grande e lunga serie di studi, altre volte, permettetemi, ridicole. Sapete, i maschi succhiano una grande quantità di energie dalle mamme perché pesano di più alla nascita(?), richiedono più energie per allattarli e poi….volete mettere quanto più aiuto offrano alle mamme le figlie femmine!
Ma siamo sicuri che la prof.ssa Helle sia Finlandese? È, forse, una leggenda metropolitana quella che racconta la fantastica collaborazione che gli uomini del nord assicurano alle donne? Oppure i maschi finlandesi non sono abbastanza evoluti o non si stanno evolvendo come, per fortuna, stanno facendo i maschi italiani? E ancora, se la prof.ssa Helle è una donna, perché diavolo coltiva quegli stereotipi di debolezza femminile che ci vede più piccole, meno forti, meno energiche dei sigg. uomini?