Ultima modifica 4 Giugno 2021
E’ un po’ come essere mollate dal fidanzato storico o dal marito via sms.
Anni di fedele convivenza e poi lui non ha neanche il buon gusto di dirti che ti lascia guardandoti negli occhi.
Facendo le dovute proporzioni, è lo stesso sistema adottato dalla Golden Lady, un’azienda che ha pensato bene di liquidare 239 dipendenti con un freddo e impersonale fax, per giunta proprio due giorni dopo il Natale.
Un licenziamento in-calzante: Omsa liquida 239 dipendenti via fax
Un “regalo” beffardo per queste donne che negli scorsi mesi sono state oggetto di trattative a tavolino per stabilire una ricollocazione.
Donne inserite in cassa integrazione straordinaria ed ora licenziate.
Ma a questo fax, sia ben chiaro, seguirà una regolare e più “umana” raccomandata per ufficializzare la questione.
Il licenziamento collettivo interessa le operaie della Omsa è indirizzato alle organizzazioni sindacali di categoria territoriali, e giunge appena tre giorni dopo l’incontro al Ministero dello sviluppo economico. Omsa è controllata dalla Golden Lady, un’azienda che produce fra parentesi prodotti tutti al femminile.
Gli attori della vicenda sono Federico Destro per la Golden Lady, l’Ing. Marco Sogaro per l’advisor Wollo, il rappresentante ministeriale Gianpiero Castano, il sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi e le parti sociali.
L’idea iniziale era quella di riconvertire il sito produttivo di Faenza, grazie a una ripartizione degli stabilimenti interessati tra una pluralità di imprese.
Idea che si è poi prospettata la possibilità di un acquirente unico dell’intero stabilimento che teoricamente avrebbe consentito il ricollocamento dei queste lavoratrici.
Una promessa che invece si è trasformata in un unico fatto certo.
Non esistono al momento i presupposti economici per la riconversione.
Perciò l’unica soluzione sarebbe il licenziamento collettivo. Questo in barba a un successivo incontro fissato per il 12 Gennaio atto a riunire il tavolo ministeriale e valutare gli eventuali sviluppi della trattativa.
Fra le cause della mancata riconversione, rientrerebbero ragioni strettamente economiche.
Da una parte i 3 milioni di euro richiesti a titolo di onere per la parziale riconversione dello stabilimento, in aggiunta al prezzo d’acquisto, dall’altra la difficoltà che ha in questo momento il settore immobiliare nell’accedere al credito bancario.
Se tutto il personale della Omsa venisse licenziato senza alcuna garanzia di rioccupazione, verrebbe anche a mancare un’eventuale cassa in deroga da parte della regione, e le ex dipendenti non riceverebbero alcun incentivo economico.
Sono numerosi i gruppi sorti su Facebook per decentivare l’acquisto dei prodotti di questa azienda. Primo fra tutti questo, promosso da Clara Zacchini, una delle più agguerrite dipendenti dello stabilimento di Faenza, le quali accusano una legislazione che protegge sempre di più gli interessi meramente lucrativi dei lavoratori.
Quello della dismissione dello stabilimento di Faenza non è un episodio isolato:
Il 25 Novembre scorso la Golden Lady ha chiuso definitivamente i battenti della fabbrica di Gissi in Abruzzo, lasciando altre 380 dipendenti senza lavoro, dopo aver usufruito per 23 anni dei fondi regionali e della Cassa del Mezzogiorno.
Ora, sfruttate le risorse del territorio e scoperti i vantaggi della delocalizzazione, ha abbandonato anche questo sito produttivo. Senza preoccuparsi di lasciare scalzi e nudi i suoi dipendenti.
I piedi caldi continuano ad averli loro, con un fatturato milionario e nessun rispetto per le sorti degli operai italiani.
L’idea di retribuire con 300 Euro mensili i lavoratori stranieri, una cifra che rappresenta un terzo dei salari riconosciuti nel nostro Paese, è troppo allettante per non approfittarne.