Ultima modifica 4 Dicembre 2017

Niente Miss Italia: la Rai, il servizio pubblico, la bellezza e l’intelligenza delle donne.

La notizia era nell’aria da tempo, sottintesa al gran rifiuto dell’amministrazione comunale di Salsomaggiore, costretta a rinunciare ad una ospitalità che costava, nel 2011, ben 600 mila euro.

Sullo sfondo, le polemiche per l’esposizione dell’italica bellezza femminile in uno stile che poco aveva da invidiare alle esposizioni canine, coccarda, passerella e standard di razza compresi. Tanto che già a settembre del 2010 Patrizia Mirigliani aveva voluto organizzare, nell’ambito proprio del concorso di bellezza più famoso d’Italia, un convegno dedicato a “La bellezza com’è cambiata”, con la partecipazione di chirurghi plastici, giornalisti, opinionisti e sotto l’illustre patrocinio dell’Osservatorio Parlamentare Europeo e del Consiglio d’Europa.

Luglio 2013: mossa, a quanto pare, ancora da ragioni economiche la Rai ha annunciato la definitiva rinuncia.

Ancora una volta, sotto gli ombrelloni o nell’afa cittadina, più che la notizia ha fatto scalpore il plauso dell’on. Laura Boldrini, Presidente della Camera: «Credo che ci si debba rallegrare di una scelta moderna e civile e spero che le ragazze italiane per farsi apprezzare possano avere altre possibilità che non quella di sfilare con un numero. Le ragazze italiane hanno altri talenti»

Sul commento, più che sulla notizia piovono, subito, le reazioni – stavolta davvero bipartisan – dei protagonisti maschili e femminili dei palisesti tv. Con l’acume che mi piace tanto, Selvaggia Lucarelli ricorda: «Quanta poca gnocca gratuita ci sia nei programmi, quanto siano sparite letterine, meteorine e minchiate varie. Le veline ormai sono più vestite e sobrie della Ravetto o della Santanchè, la De Filippi, la D’Urso, la Gruber, la Bignardi e molte altre non sono esattamente pedine in un mondo popolato da maschi»

E anche Fiorello nella sua edicola difende Miss Italia: «Ci sembra un po’ esagerato: non ha mai fatto male a nessuno, anzi ha portato bene a molte donne, belle e parlanti, che grazie al concorso hanno trovato lavoro», comprese le «centinaia di parrucchieri in arrivo da tutta Italia».

Ecco, il mio parrucchiere di fiducia è uno di quelli, come testimoniano le tante fotografie che lo ritraggono accanto alle Miss. Secondo la mia modestissima opinione, lui è molto più bravo di quanto appaia da quelle passerelle perché, se ci fate caso, le ragazze hanno più o meno tutte la stessa acconciatura, la stessa lunghezza di capelli, e anche i colori sono standardizzati, perché ogni anno l’italico spettatore possa commentare «a me piaceva la bionda», e sentirsi ribattere «ma no, hai visto che mora?».

Sono anni che non seguo per più di qualche minuto quel programma, e che apprendo dai Tg il nome e il volto della reginetta di turno. Per me, in fondo, la rinuncia della Rai significa soltanto  il recupero di denari preziosi per l’organizzazione – me lo auguro! – di un palinsesto che giustifichi la natura di servizio pubblico che è anche il fondamento dell’imposizione di una tassa qual è il canone.

Il professore di lettere del mio liceo, all’inizio degli anni ’90, ebbe l’argume di sottoporci la visione delle puntate della trasmissione “Indietro tutta”, sebbene capisse che per noi del quarto ginnasio fosse, al momento, poco più di una ghiotta occasione di sostituire a Virgilio e Manzoni le più comprensibili battute di Nino Frassica e le simpatiche odi di Renzo Arbore.

Col tempo e coi primi capelli bianchi provvidenzialmente nascosti dall’amico parrucchiere, quella parodia mi appare profetica: allora erano le prime televisioni private a proporre modelli a stelle e strisce, che oggi abbiamo imparato a chiamare “format”, del tipo di “drive in”, con Carmen Russo e Lory del Santo ammiccanti cameriere in shorts, le ragazze fast food, il tenerone capace di dire solo “Pippo, pippo pippo!” e il criticatutto.

Col tempo, nella notte italiana, intorno alla luce blu del nuovo focolare, comanda proprio poco chi ha stretto in mano il suo telecomando. Cosa c’è da scegliere, tra tv pubblica e quella privata?

Si contendono le inserzioni pubblicitarie a colpi di quiz preserali, senza neppure il pudore di nascondere che, come presagiva la sigla di Arbore, mandare in onda la tensione e le lacrime di chi con i quiz “spera di fare i milioni” costa poco e rende assai, tra spot, televendite e product placement.

I salotti pomeridiani si affollano di opinionisti critica-tutto, e per fare la professoressa in tv basta leggere le opzioni della scossa e sorridere, sorridere parecchio.

Ben venga, allora, la cacciata delle Miss. Che i denari, versati ogni anno col bollettino servano per assicurarmi un posto in prima fila, da casa mia come se fossi a Piazza Santa Croce, rapita da Roberto Benigni in Tutto Dante, per emozionarmi con suo inno d’amore alla Costituzione, per sostenere le filastrocche dell’Albero Azzurro e per Art Attack, per restaurare le immagini dell’Istituto Luce e mandarle in onda in orari più accessibili a tutti, perché gli italiani possano ricordare com’eravamo prima degli spot elettorali in stile “Dinasty”, sfondo immancabile le foto di famiglia dell’inventore proprio di quella tv che era (l’unica) commerciale.

Fiorello ha ragione nel dire che la pubblicità è piena di donne mute e svestite, e magari anche la mia gli sembrerebbe la critica snob di un’intellettuale – se per caso avesse la ventura di leggerla.

Io la vedo diversamente. Di concorsi di bellezza è pieno il mondo, dalle sagre di paese a Miss Universo: perché dovrei condannare le ragazze cui madre natura ha regalato l’opportunità di esporre la loro bellezza all’applauso, solo perché della loro testa poco importa ai giurati e al televoto? E’ cambiato anche il modo di essere “veline”.

Ma è davvero necessario impostare rigide graduatorie tra la bellezza fisica e le capacità intellettive? Non è detto che l’una escluda l’altra, anche se è più facile dimostrare di essere “anche bella” tenendo una conferenza scientifica, piuttosto che “anche intelligente” sul palco di Miss Italia.

Condanno, invece e senza incertezze, quelli che sulle passerelle della moda o dei concorsi di bellezza, propongono modelli di bellezza più inclini all’anoressia che all’equilibrio delle forme.

Certo costa sacrificio, notti insonni, e anche qualche buon grado di miopia, passare anni sui libri o tra i vetrini di un laboratorio. E la scoperta, sofferta e rivoluzionaria, varrà (forse) lo stesso applauso e (si spera) la stessa ricompensa che le ragazze in costume e tacco alto pagano in lacrime, doti di equilibrismo, diete e sorrisi forzati.

A quelle come me, che non potrebbero mai calcare quelle passerelle per questioni anagrafiche, di centimetri in meno (in altezza) o in più (su punto vita e fianchi) restano (solo, diranno i maligni) altre soddisfazioni.

Mi auguro che ci sia anche quella, forse condivisa dalle stesse ragazze delle passerelle, di trovare in tv qualcosa di cui sorridere senza spegnere la testa, buona musica, qualche pièce di teatro, documentari e trasmissioni “intelligenti”.

Come quelle di Fiorello, appunto, che non a caso hanno avuto ben altri ascolti rispetto alle ultime edizioni di Miss Italia e il festival di Sanremo.

Ops, m’è sfuggito il titolo dell’altra trasmissione che vorrei fuori dalla tv che pago io!

Vabbè, è sfuggito anche a Fiorello, perdonerete una mamma in toga quarantenne, acidella e un tantino snob, no?

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

1 COMMENT

  1. Poi quando fanno il pianto del coccodrillo rispetto alla magrezza delle ragazze mi fanno particolarmente arrabbiare…”diamo un brutto esempio, diciamo alle ragazzine che sei bella solo se sei magrissima”…poi ogni anno sono sempre più magre sia sulla passerella di M
    iss Italia che sulle passerelle degli stilisti.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here