Ultima modifica 20 Giugno 2019
La Dirigente entra in classe qualche giorno fa…così, all’improvviso.
Benché ci si sia fatta l’abitudine, essendo molto presente nella nostra scuola, sede di direzione, fa sempre il suo effetto.
Mi dice che sarebbe interessante partecipare alle Olimpiadi del Problem Solving 2013 …”ho già dato il suo nominativo per accedere alle prove. E’ da vedere sicuramente”…mi dice.
Sono rimasta un pochino immobile. In 2 secondi mi sono risvegliata e ho realizzato che “Sì, va bene!”
Non sapevo precisamente di cosa si trattasse , però il misto tra curiosità, “terrore” e la possibilità di crescere nell’obiettivo su cui punto da 3 anni e un po’, mi hanno dato quel “frizzichino” di soddisfazione…lo ammetto.
Sono andata subito a vedere il progetto on line ed è veramente innovativo (per me ovviamente).
Profonda interdisciplinarità delle prove: si tratta infatti di utilizzare le proprie conoscenze di qualsiasi disciplina mettendole, continuamente in relazione con altre.
Competenze statistiche di base occorrono per completare tabelle che mirano alla scrittura del nome di un popolo della storia.
La conoscenza grammaticale viene dirottata esclusivamente verso la competenza grammaticale e e linguistica, a sua volta rivoltata come una frittata sulla sintassi.
Si tratta veramente della capacità di costruire strategie concrete, utilizzando le proprie capacità e soprattutto le proprie competenze.
La cosa che mi ha entusiasmato non è l’idea della gara…la competizione non è una modalità che mi appartiene e anzi non mi piace proprio.
Ciò che ha fatto breccia è l’aver trovato un’infinità di materiale su cui lavorare con tutti i bambini e una metodologia veramente “elasticizzante” per la mente.
La competenza del Problem solving e del Problem posing, cioè quella di problematizzare la realtà e trovare strategie diverse di soluzione, può sembrare alta, ma è alla portata di tutti i bambini ed è l’attività che li diverte di più.
Perché utilizzare le tabelline (che siano a memoria o che siano lette sulla tavola pitagorica) per risolvere il crivello di Eratostene è più interessante che “studiare le tabelline…punto”.
Perché conoscere le “precedenze” delle espressioni al fine di inventare un problema, partendo proprio da un’espressione, è più intrigante e formativo che….. calcolarne 20.
A volte la paura di osare mi ha fermato alla primo punto interrogativo. Ma i bambini, tutti i bambini, dimostrano ogni giorno che se si dà tempo, possibilità e strumentalità adeguate, ce la fanno e si divertono nel mettersi alla prova.
Nello stesso pomeriggio in cui mi collego al sito delle Olimpiadi, mi salta agli occhi il titolo “Riscoprire il talento per salvare la scuola” di un articolo del Corriere della Sera, in cui il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco lancia l’allarme di un “ritardo di «competenza alfabetico funzionale» che ci impedisce di competere sul piano delle tecnologie avanzate”. Questo impone all’Italia tre scelte strategiche una delle quali è quella di trovare un equilibrio tra due esigenze: quella di «non lasciare nessuno indietro» e quella di investire nel capitale umano di coloro che hanno le doti migliori per sfruttare pienamente l’investimento.”
Secondo me non c’è un punto di equilibrio, ma una sovrapposizione tra le due esigenze: se io non lascio nessuno in dietro, tutti i bambini, compreso il bambino con difficoltà anche specifiche, non sentendosi abbandonati o sfiduciati, troveranno la forza di far emergere i propri talenti.
L’impegno a non lasciare in dietro, il tempo di applicare metodologie specifiche, sono secondo me il più grande investimento non solo morale, ma anche economico, che si possa fare sulla persona…su ogni persona.
Per riuscire a far vedere ad un bambino tutto il positivo che c’è in se stesso, nel mondo frustrante di oggi (in cui chi dovrebbe dare l’esempio morale e civile spesso non lo fa), ci vuole tempo e convinzione e dedizione e passione. E la fiducia nelle proprie capacità, la positività nasce e cresce nel periodo scolastico. Credere di farcela e inventarsi ogni giorno serve a tutti.
E poi, quali sono le doti migliori?
Noi nel frattempo continuiamo a crescere nell’insegnamento, formandoci da soli, e continuando a tirar fuori tutti i talenti di tutti, sperando di non fare una “scuola di pessima qualità” (vedi articolo).