Ultima modifica 20 Giugno 2019
Capita a volte che notizie, eventi, convinzioni si incontrino in un momento preciso.
Partecipando ad una delle tante feste in maschera di questo periodo, parlo con un paio di mamme che mi raccontano dei loro bambini: pur essendo molto piccoli, sono tornati a casa con una notina della maestra, da firmare. Una di loro dice “E io che posso farci? Che devo firmare? A scuola lo devono correggere. Che me lo dici a fare, puniscilo tu e via! (riferendosi alla maestra) Io a casa sono sempre sola, se devo pensare anche a come si comporta a scuola allora…” e l’altra mamma che con un cenno della testa le faceva da spalla. Prescindendo dall’ultima frase che mi sembra incommentabile, lì per lì, essendo insegnante, sono saltata sulla sedia (in senso lato) e ho risposto soltanto :“Ma, forse è sempre meglio, per noi mamme, sapere cosa fanno i bambini a scuola, nel bene e nel male no?”. Non ho avuto successo… mi sono alzata a prendere qualcosa da mangiare…
Tornando a casa in macchina, ascolto una canzone di Daniele Silvestri “Il bisogno di te”, una canzone sul bisogno dell’altro per vivere e resistere ai momenti più duri e la paura di restare soli; ho isolato le frasi della mamma “Io sono sempre sola a casa ” e “Puniscilo tu e via!”.
Nelle espressioni provocatorie, denunciava inconsapevolmente l’incapacità e l’impossibilità di dare, da sola, al bambino, un giusto modello di comportamento.
Chiedeva alla scuola ciò che a casa non riusciva a dare: una regola, un corretto modo di rapportarsi con gli oggetti e con l’altro, inteso sotto ogni sua sfaccettatura.
Quando nella realtà della famiglia tutto viene addossato alla mamma (in questo caso) cosa succede? Succede che un bambino non ha un modello di condivisione delle responsabilità, né un modello di parità in casa… e sviluppa la convinzione che la parità non esista, con tutto ciò che ne deriva. Gli stereotipi di genere e l’incapacità di gestire e costruire rapporti sereni nascono qui.
Genitori, indeboliti dalla solitudine, non possono essere di aiuto ai propri figli e chiedono, nel modo più maldestro, una guida esterna che però non può essere sufficiente perché manca di intimità e di costanza.
Il momento storico di crisi, poi, acutizza le esasperazioni e azzera la tolleranza verso chi non la pensa come “noi”.
Ma ciò che conta è che nel frattempo i bambini-spugna assorbono tutto questo.
A scuola ogni giorno, forse proprio per questo, si ricostruisce molto faticosamente il “castello” del rapporto positivo e collaborativo con l’altro, perché dell’altro abbiamo bisogno per vivere. Ora abbiamo anche “strumenti efficaci” come il numero crescente di bambini in classe e l’eliminazione pressoché totale delle compresenze a darci il tempo per insistere su queste tematiche!!
Ottimo, per il panorama sociale, colpito anche dal dilagante cyberbullismo e dal bullismo fisico che come un gambero retrocede anche alle classi più giovani della nostra scuola!
Pochi giorni fa un’amica condivide un articolo scritto in www.tempi.it , con un titolo che a prima vista può peccare di banalità (“I ministri francesi insegnano che anche i maschietti possono giocare con le bambole”) ma che ha un succo interessante e sicuramente attuale.
Per fortuna anche in Italia ci sono tante associazioni che si adoperano per radicare realmente pensieri “umani” e anche molte scuole di secondo grado sono attente e attive verso questi problemi. L’associazione Scosse (Soluzioni Comunicative Studi e Servizi Editoriali), ad esempio, si muove sia ispirando il Comune di Roma (per la prima volta un ente locale mostra interesse per il problema) a diffondere con forza una cultura nuova contro la violenza sulle donne, l’omofobia e il bullismo col progetto “La scuola fa la differenza” (iniziata in questi giorni) , sia mettendo on line un catalogo di libri senza stereotipi di genere per bambini da 0 a 6 anni che possono aiutare genitori e insegnanti nel loro percorso educativo.
Sono iniziative importanti perché, come vediamo, non si deve cercare molto lontano per scoprire come dalla solitudine si moltiplichi l’intolleranza e la rabbia, spesso l’una figlia dell’altra: purtroppo basta solo voltarsi un attimo, nel proprio piccolo mondo. E lo sfogo, per chi non è abituato al rispetto, è verso chi non aiuta o verso chi non la pensa come noi.
Volenti o nolenti stiamo crescendo una nuova generazione che ha tutte le condizioni per rinascere intollerante e rabbiosa.
In Spagna è nata una bellissima iniziativa che ha colto l’inizio della catena virtuosa: “Coresponsable 100%”, è un progetto che invita in modo piuttosto convinto entrambi i genitori, di qualsiasi sesso, ad essere responsabili nella stessa misura, sia nella gestione della casa, sia soprattutto in quella dei figli. Lo scopo è quello di riuscire a modificare il proprio atteggiamento entro il 2015. Ambizioso, ma è qualcosa.
Noi? Concretamente?