Ultima modifica 26 Febbraio 2019
Luigi ha due anni e mezzo e frequenta il suo primo e ultimo anno di asilo nido.
Ama stare con gli altri bambini sia a scuola, sia nel tempo libero ma, quando arriva il momento di giocare e interagire con gli altri, tende a “subire” i compagni e gli amichetti più intraprendenti di lui. Se ha un gioco e qualcuno glielo prende, Luigi sta zitto, subisce e magari piange. Se qualcuno vuole montare sullo scivolo quando è il suo turno, Luigi si mette da parte e fa passare gli altri.
Federica, sua compagna di classe, ha una reazione esattamente opposta.
Se vuole un gioco, è capace di pretenderlo anche con la forza e di strapparlo di mano al compagno, di farsi largo e imporsi.
Due bambini, la stessa età e due atteggiamenti opposti.
Luigi è timido, con un atteggiamento passivo-accondiscendente verso gli altri.
Federica, al contrario, è molto più reattiva e talora anche con un approccio più pretenzioso e aggressivo.
Qual è l’atteggiamento più giusto?
Intanto, prenderei le distanze dalle etichette “giusto/sbagliato”.
Sicuramente, osservando Luigi e Federica, come del resto i tanti bambini loro coetanei, quello che possiamo evidenziare è che ciascuno ha il proprio temperamento e una propria personalità che si sta delineando, per quanto ancora molto piccoli.
Inoltre, il confronto con il mondo esterno non è semplice per un bambino piccolo.
Vengono meno le barriere protettive e sicure dell’ambiente familiare.
Il piccolo ha bisogno di imparare a conoscere, reagire e affrontare le situazioni e le persone con gli strumenti che ha e che impara sul campo, in virtù dell’esperienza diretta, come anche dell’intervento educativo delle figure di riferimento (genitori e insegnanti).
Come possiamo insegnare ai nostri figli a reagire?
Intanto chiariamo che, in virtù di quanto detto prima, “reagire” non significa assumere comportamenti aggressivi o di prevaricazione sugli altri, maun atteggiamento che gli psicologi definiscono “assertivo”, ovvero teso ad auto-affermarsi senza aggredire gli altri o reprimere se stessi.
Assumere un atteggiamento assertivo significa, quindi, saper reagire agli altri e alle situazioni. Esternare i propri pensieri e bisogni senza tuttavia incorrere in comportamenti offensivi o dannosi verso gli altri.
Luigi, per esempio, pur rimanendo un bambino buono e disponibile, ha bisogno, tuttavia, di imparare a reagire alle richieste e alle pretese esterne.
Questo per evitare di ritrovarsi a subire e, quindi, a stare male per questo.
Federica, al contrario, pur rimanendo una bambina capace di reagire e affrontare gli altri quando vuole qualcosa, ha bisogno di imparare a non incorrere nel rischio di assumere atteggiamenti troppo forti o aggressivi e a rispettare di più gli altri.
Il nostro intervento educativo può partire proprio dalle singole situazioni specifiche che possiamo osservare o che ci sono riferite, per aiutare i nostri figli a imparare a reagire in modo positivo e costruttivo, ma senza reprimere se stessi o aggredire gli altri.