Ultima modifica 20 Aprile 2015
L’Europa è stata teatro di lotte e guerre infinite, tra Stati e all’interno degli stessi.
Poi, qualcuno ha concepito un sogno: riunire l’Europa in una confederazione di stati, amici e cooperativi, per aumentare il benessere e scongiurare la guerra.
Così è nata, tra lungaggini e infiniti travagli, la Ue che, lungi dall’essere un prodotto finito, è un coacervo d’errori, stranezze, fragilità.
Non abbiamo regole comuni, se non quelle imposte, ma indefinite, non abbiamo politiche comuni, né interne, né estere.
Non arriviamo mai a compromessi, accogliendo e mediando tra istanze e interessi di popoli che avevano in comune, forse, solo il colore della pelle, oggi non più.
Nata per diventare un colosso, che avrebbe potuto concorrere alla pari con le grandi potenze (USA e URSS), è rimasta un fatto incompiuto, con gli Stati più forti, che corrono da soli e cercano (e riescono) a imporre la loro volontà e i loro interessi.
Al primo e piccolo gruppo di Stati, altri se ne sono aggiunti. passo dopo passo, senza adeguamento di regole, senza reali verifiche.
Stati diversissimi tra loro, per usi, costumi, leggi, lingua e religione. Hanno i loro rappresentanti in un Parlamento eccessivamente numeroso e dispendioso, alcuni di loro hanno anche in comune una moneta, l’euro, la cui parità con le vecchie monete è stata fissata senza un criterio comune, secondo l’arbitrio dei governanti del momento, senza che nessuno abbia gestito adeguatamente il passaggio, senza che nessuno, almeno in Italia, ne abbia controllato l’adeguatezza.
Qualche Stato, l’ UK per esempio, ha rinegoziato la sua partecipazione, ottenendo indubbi sconti e privilegi. Altri, vantando un asse privilegiato con lo Stato più forte, hanno ottenuto deroghe e vantaggi; altri, vantando costi di manodopera e/o tassazioni inferiori, hanno attratto imprese da altri stati secondo la ben nota delocalizzazione; altri ancora hanno visto scemare le loro risorse a vantaggio di altri, e chi più ne ha più ne metta.
Anche la partecipazione, in soldoni, dei singoli stati è ferma a una primitiva disamina e non è mai stata aggiornata, per cui, per esempio l’Italia, che è considerata un Paese in piena crisi, versa all’Europa molto di più di altri, che hanno invece superato la crisi o che vedono l’economia del Paese crescere in misura maggiore.
L’UE è lontana, lontana perché non c’è trasparenza, non c’è una vera informazione sul perché ed il per come dell’adozione delle normative, non si conosce come e su pressione di chi siano state assunte decisioni, a volte addirittura assurde; è così, perché è così, ci si deve adeguare, tutti gli Stati devono adeguarsi.
Per il superiore bene comune?
Magari così fosse, ma ogni popolo percepisce le direttive europee contro il proprio Stato, contro i loro interessi e, se qualcuno osa parlare contro, se qualcuno osa proclamare di voler uscire dall’euro, solo minacce di disastri, di default, di abissi, che immediatamente si aprirebbero se…
Ma nessun confronto, nessun compromesso, nessuna ammissione di colpa, di errore.
E la marea degli scontenti sale, in tutti i Paesi di questa nostra incompiuta e malmessa Europa.
A maggio le elezioni Europee: quale Parlamento ne uscirà? Riusciranno gli eletti a modificare le balzane normative, a cancellare gli errori e a ripartire da quel lontano sogno mazziniano?
Ricordo una poesia dei miei 10 anni
“Con l’europa infin riunita, nascerà una nuova vita,… senza impicci viaggeranno, tutti quanti ne godranno”