Ultima modifica 2 Settembre 2016
Martina ha tre anni, ma già un’osservazione acuta, come la maggior parte dei bambini della sua età. La mamma rimane sorpresa, quando una sera la bambina chiede a suo padre di occuparsi di sparecchiare e caricare la lavastoviglie, «perché voglio giocare con mamma».
Messaggio implicito: è mamma che si occupa sempre di queste attività domestiche.
La sorpresa per la madre è stata appunto quella di appurare, attraverso lo sguardo vigile e le parole chiare e dirette della figlia come, al di là delle convinzioni e della teoria, anche lei abbia riprodotto nel suo microcosmo familiare il solito e ancora diffuso stereotipo: è la donna la regina del focolare.
E ciò trova conferma anche nei dati statistici che evidenziano come, nonostante ad oggi le donne siano sempre più impegnate sul fronte lavorativo, di fatto continuino a occuparsi principalmente, se non esclusivamente, anche del carico familiare e domestico.
Tuttavia, la questione non si conclude qui: Martina dimostra come ciò che noi adulti proponiamo in casa, soprattutto attraverso il nostro comportamento, sia interiorizzato dai nostri figli.
Ecco che allora il nostro compito è quello di aiutarli a sviluppare un pensiero critico, libero da stereotipi (di genere, omofobici, xenofobi, etc.), rigidi e distorti. In quale modo?
L’intervento dovrebbe svilupparsi parallelamente su più fronti: in famiglia, a scuola e in tutti i contesti educativi, nei quali i bambini crescono, al fine di inviare un unico e coerente messaggio educativo.
In famiglia, noi genitori, essendo le principali figure di riferimento, possiamo sicuramente fare molto. In primis, proponendo una realtà familiare, in cui si concretizza una vera e realistica condivisione dei compiti domestici e familiari che, oltre ad abbattere stereotipi, di fatto possa favorire la partecipazione di tutti alla vita familiare, con inevitabili ripercussioni positive su tutti i componenti.
Anche le dinamiche comunicative e relazionali, che si sviluppano in famiglia, sono molto importanti: se fra i genitori vi è assoluto rispetto e anzi, valorizzazione delle differenze sia individuali, sia di genere (abitudini, comportamenti, caratteristiche, capacità e doti), allora è molto verosimile che questo sia interiorizzato anche dai bambini, che quindi sono indotti a riproporre lo stesso approccio anche all’esterno.
Poi, è importante stare attenti ai messaggi che veicoliamo: il maschietto, a cui è consentito giocare con bambolotti e ciotoline, usare il bicchiere rosa, e la femminuccia, a cui è lecito giocare con i soldatini e a calcio, cresceranno con la convinzione che il gioco o un’attività possono essere scelti in base alle proprie inclinazioni, senza schemi preconfezionati e stereotipati dettati dall’esterno.Infine, attraverso episodi riportati dai bambini, come anche racconti e storie lette, possiamo aiutarli a comprendere che, per quanto diversi, i maschietti e le femminucce devono avere le stesse opportunità e, anzi, come la diversità sia una ricchezza da vedere e approcciarsi con curiosità.
Francesca Lemmi