Ultima modifica 20 Aprile 2015
Ho letto la notizia che in Norvegia organizzano un festival per bambini omosessuali.
Perché? Per sottolinearne la diversità? O per festeggiarla?
Non riesco a capire.
È vero che, sino a non molti anni fa, l’omosessualità era considerata una devianza, una malattia e, sebbene il mondo medico abbia, finalmente, appurato che malattia non è, non è così immediato il capovolgimento di idee della gente comune, quando le religioni maggiormente praticate lo ritengono un peccato.
Non mi sembra però che facilitino questo percorso manifestazioni tipo la giornata dell’orgoglio gay (con le sue sfilate carnevalesche, sboccate e volgari) o il festival norvegese con la sua grottesca volontà di dividere in simil- caste i bambini.
Non che sia impossibile che l’omosessualità si manifesti in età infantile, anzi, conoscevo una splendida persona che da piccolissimo spasimava per avere in premio un tutù rosa invece di un meccano.
Fino a pochi anni fa due persone, di sesso diverso, che si abbracciassero o baciassero per strada suscitavano la pubblica riprovazione, peggio erano considerati atti osceni in luogo pubblico e, come tali, sanzionati penalmente.
Il bacio e l’abbraccio erano permessi solo nelle stazioni ferroviarie per un addio o un bentornato.
Chiedete alle vostre mamme o alle vostre nonne se non ci credete, ma era proprio così.
Ora, di punto in bianco, vogliono che tutti cambino, si aprano al nuovo sentire perché hanno troppo aspettato, perché esigono che vengano riconosciuti i loro diritti.
Ma i pregiudizi, perché di pregiudizi si tratta, sono duri a morire ed è comprensibilmente difficile per alcuni, indottrinati da anni, riuscire a cambiare le proprie idee, i loro sentimenti senza resistenze, senza se e senza ma.
Hanno fretta e non vogliono concedere nulla, e, d’altra parte, si scontrano con l’ignoranza più becera di quelli che vedono nel diverso, nella più ampia accezione della parola, un nemico.
E accomunano gay, lesbiche, obesi, scheletrici, altissimi, nani, diversamente abili nei loro pensieri, nelle loro azioni: li scherniscono, li ingiuriano, li picchiano.
Riuscire a capire e a far capire che tutti siamo uguali e diversi, che ognuno di noi è un mondo tutto suo, che c’è posto per tutti e tutti hanno un proprio ruolo, che la libertà di pensiero, di parola, di essere e di agire è di tutti, nessuno escluso e che tutti possono manifestarle liberamente, con un solo limite il rispetto dell’altro è la sola nostra speranza.
Ma lo devono capire tutti.