Ultima modifica 2 Settembre 2016
Nei primi anni di vita del bambino non possiamo parlare di una volontà cosciente. Le prime manifestazioni di una qualche attività sono legate alle funzioni vitali dell’organismo. Nello stadio seguente sono le brame che lo spingono all’azione, come il desiderare un oggetto o il voler compiere una certa azione.
Solo verso i 6 anni il gioco si prefigge uno scopo, il bambino si pone un fine da raggiungere. La casa di cartone deve essere grande, per poter contenere la bambina e la sua bambola. Per la prima volta si è destata la volontà, un volere cosciente, il desiderio di portare a termine un compito. Anche nel disegnare il bambino ha un progetto chiaro, vuole rappresentare, ad esempio, una fattoria con il contadino e gli animali. Solo nel momento in cui si pone un compito e lo realizza il bambino è pronto per la scuola, è in grado di apprendere.
Con il risveglio della volontà finalizzata cambia il suo rapporto con il mondo esterno. Diviene cosciente che non sa fare alcune cose ed è in grado di chiedere aiuto all’adulto. Grazie al fatto di non saper fare delle cose e riconoscere che l’adulto sa eseguirle, nasce nella sua anima il rispetto reverenziale. Si rende conto che l’adulto ha delle capacità che lui ancora non possiede. Il bambino piccolo non conosce ancora il rispetto reverenziale perché è ancora un tutt’uno con il mondo circostante. Il suo IO e il mondo sono un’unità.
Il rispetto reverenziale generalmente si focalizza su di un’unica persona. Questa persona deve essere capace di fare qualcosa: aggiustare un oggetto rotto, cucinare una pietanza, disegnare una persona, un animale o una casa. Deve essere in grado di rispondere alle sue domande: sulle piante, gli animali, gli angeli, i vari macchinari della vita quotidiana. Spesso la persona oggetto del rispetto reverenziale è cercata fuori dalla famiglia di origine, può essere il panettiere, una zia, il maestro, la nonna. Il bambino giudica una persona in base a quello che sa fare, non in base a quello che sa con l’intelletto. È attratto dall’autorità e questo sentimento sarà importante per quando varcherà la soglia della scuola. Allora si affiderà volentieri all’autorevolezza del maestro e attraverso il suo insegnamento saprà apprendere le materie di studio.
E’ il corpo del bambino che ci dice se è pronto per la scuola. È sufficiente osservare se è avvenuta la crescita in lunghezza degli arti e se la sua corporeità ha acquisito snellezza e flessuosità. Altri elementi fondamentali saranno l’osservazione del gioco e del disegno legati a uno scopo. Molti insuccessi dei bambini a scuola sono dovuti al fatto che non fossero ancora pronti e questo era evidente dal loro corpo immaturo e dalla psiche immatura. Il risultato sarà che il bambino si sentirà demotivato ad apprendere e proverà uno scarso senso di fiducia in se stesso. Questi sono germi che produrranno senso di inferiorità e malessere, che, di solito, si trascineranno negli anni anche quando sarà terminato l’iter scolastico.
Lo sviluppo del sentire del bambino nella prima classe elementare, tra i 6 e i 7 anni, è allo stadio della fantasia creativa. Il suo mondo è ancora coperto dal velo benevolo delle forze di fantasia. La volontà è ancora legata alla brama, a esaudire determinati desideri. Non è ancora maturo per afferrare rappresentazioni astratte e per ascoltare lezioni troppo intellettuali. La volontà si è appena destata, il bambino è legato all’elemento ritmico e al gioco creativo.
Nella scuola steineriana, nella classe prima, le materie sono portate attraverso il racconto della fiaba. Tutta la giornata scolastica è cadenzata tra le materie scolastiche e le attività artistiche e manuali. Il passaggio da una fase all’altra della vita infantile deve essere sempre lento, ancora di più questo tra la scuola materna e la scuola. Compito della scuola dovrebbe essere quello di formare un uomo completo: che sappia pensare, lavorare con le mani, che abbia senso artistico.
M. Elisabetta Angius