Ultima modifica 15 Luglio 2019
Il primo pezzo di settembre, mese di partenza della nostra scuola, non è mio: è di Alessandra Cecchetti, una giovane studentessa universitaria che commenta la vergognosa vicenda di Schettino alla Sapienza scrivendo qualcosa che lascia un segno forte nella coscienza.
Queste sono le idee che dovrebbero “salire in cattedra” nel nuovo Anno Scolastico 2014-2015.
“L’invito di Schettino alla Sapienza di Roma per dispensare precetti sulla gestione di situazioni di panico è gravissimo, inopportuno e paradossale. Come studentessa trovo grottesco elevare a Magister un ex comandante rinviato a giudizio. Una beffa nella beffa, che non si arrende neanche di fronte alla perdita di decine di vite umane, calpestando non solo il ricordo delle vittime, ma anche la dignità dei loro familiari.
Cosa dovrebbe insegnare un uomo come Schettino ad un giovane in formazione?
Credo che questa sia l’ennesima prova della miseria etica e morale di questo Paese, un Paese che non trasmette messaggi positivi ai suoi cittadini e, soprattutto, alle nuove generazioni. E’ un Paese del “tutto è lecito”, del “si fa, ma non si dice”, un Paese che non distingue la linea sottile tra il giusto e lo sbagliato.
Non è chiaro da chi sia partito il discusso invito: da una parte il Rettore della Sapienza, il Ministro dell’Istruzione e il PM di Grosseto si sono scagliati duramente contro il docente di psicopatologia forense, psichiatra e criminologo; dall’altra, sia il docente sia l’Ingegnere che ha curato la ricostruzione in 3D del naufragio, hanno specificato che l’idea dell’invito sia partita dagli stessi legali di Schettino.
Personalmente mi indigna perfino questa mancanza di univocità, che porta ognuno a professare la sua verità.
Ma resta l’amarezza di un fatto di per sé grave.
Non abbiamo bisogno di lezioni di vita impartite da pregiudicati, non abbiamo bisogno di inutili santificazioni, non abbiamo bisogno di vedere ricostruita l’immagine di chi dovrebbe pensare a ricostruire innanzitutto dentro se stesso.
Comincio a pensare che tutto ciò di cui abbiamo bisogno non ci arriverà mai dall’esterno, dalle Istituzioni.
Forse basterebbe partire da noi e prendere noi stessi come nostro esempio, cercando di sviluppare una coscienza critica abbastanza solida da non essere scalfita dalle vergogne messe quotidianamente in atto intorno a noi. Prendiamoci come esempio in quanto studenti, investiamo sul nostro potenziale , sui nostri valori, sulla nostra cultura, fiduciosi di arrivare molto più lontano di quanto vogliano farci arrivare.
Diventiamo delle teste pensanti e non accontentiamoci di ciò che ci viene passato per “universale”. Poter scegliere significa poter vivere.
In conclusione, ritengo che la gravità dell’intervento si acuisca nel momento in cui Schettino si è giustificato dicendo di essersi limitato a “descrivere l’incidente, perchè sapeva per filo e per segno quello che era successo”, aggiungendo, peraltro, la spiegazione delle scelte fatte in merito all’incidente. Vorrei solamente ricordare, circa questo punto, che un’aula universitaria non è un’aula di Tribunale e che l’uditorio non era una giuria, ma un insieme di studenti e adulti. Trovo squallido questo modo impacciato di voler “corrompere” l’opinione di quelle persone, cercando di salvare il salvabile e di trasmettere un’immagine ripulita di sè. E’ proprio questo il limite a cui mi riferivo in precedenza, limite sempre meno ravvisabile e troppo spesso calpestato con prepotenza. “
Alessandra Cecchetti
Considerazioni condivisibili in toto,ma ho trovato ancor più stimolante l’ esortazione intima ,ma imperativa di una instancabile ricerca di valori INAFFONDABILI.
Infatti, è proprio quello che ho apprezzato tantissimo in questa “lettera” ai giovani. Insegna ai più “vecchi” che non bisogna arrenderci al vuoto etico, perché i ragazzi di oggi si aspettano e giustamente pretendono il meglio. Non sono assuefatti a questo schifo. È una spinta a combattere e a trasmettere i valori fondamentali di onestà, rispetto.