Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Prima di venire a vivere in Cina, mi ero letta alcuni libri scritti da “esperti” di cultura cinese, in modo da essere preparata a quella che tutti mi dicevano essere una cultura radicalmente diversa dalla nostra.
Ho scoperto così quelle che per me, ora che le conosco, sono conoscenze quasi banali: evitare di essere troppo diretti, non infilzare le bacchette nel riso, l’etichetta da seguire nei banchetti (mai partecipato a uno!), l’importanza della guanxi (ovvero delle relazioni interpersonali intese come scambio di favori reciproci) e, soprattutto, il concetto di faccia.
Anche in Italia si usa dire “perdere la faccia” ma, se per noi è qualcosa di metaforico, per gli asiatici ha un’importanza molto più profonda.
La faccia si può perdere in molte maniere: essendo sgridati in pubblico da un superiore, sbagliando di fronte a tutti, sentendosi rifiutare un’offerta da parte di un ospite (e svariatissimi altri modi) e, per fortuna, si può anche riguadagnare (un po’ come i punti della patente!) venendo lodati in pubblico, offrendo favori, avendo amici importanti.
Ma, quotidianamente, per l’expat un po’ inesperto che viene in Cina convinto che tutto il mondo è paese, come si concretizza questa tipico atteggiamento orientale?
Io credo che al giorno d’oggi i giovani cinesi siano molto meno legati agli schemi sociali dei loro nonni e genitori, ma siccome la cultura è spesso qualcosa che si assorbe per osmosi, il concetto di faccia è ancora radicato e si manifesta, di solito, in quei modi che fanno spazientire e incavolare gli stranieri: può succedere allora che il cameriere, piuttosto di dirti che non ha capito la tua ordinazione, ti porti un orange juice al posto della birra. O che il tassista, evidentemente frastornato dalla tua richiesta, al tuo “zhidao ma?” (lo sai?) grugnisca qualcosa che sembra un sì, per poi portarti da tutt’altra parte. Può capitare di perdersi in macchina assieme alla mamma di una compagna di scuola dei tuoi figli, perché non ha voluto ammettere di non sapere la strada. O di essere sbattute fuori dal’ indoor playground dove il nostro gruppo di bambini expat giocava ogni mercoledì, perché abbiamo fatto delle rimostranze pubbliche, anziché prendere la titolare in disparte e parlarle di persona. Sono atteggiamenti che per noi occidentali sono difficili da digerire: noi che consideriamo la sincerità e il parlare diretto due doti positive, ci troviamo spiazzati da questo continuo tergiversare, dallo girare intorno alle cose e fare un giro immenso prima di arrivare, magari, alla stessa soluzione.
Sono le modalità di comunicazione ad essere totalmente diverse e, stando qua in Cina, ti rendi conto che non puoi combattere contro la corrente: non vincerai mai! Devi lasciarti andare al flusso, diventare zen, e cominciare a pensare (almeno finché sei qui) come loro, altrimenti per te sarà molto dura e rischierai di farti un fegato grosso così.