Ultima modifica 3 Marzo 2020
La translucenza nucale consiste in un esame ecografico, eseguito intorno alla 12° settimana di gestazione.
L’obiettivo è quello di misurare una raccolta fisiologica di liquido a livello della nuca del feto.
Translucenza nucale. L’esame ecografico della 12 settimana
Con questo esame è possibile calcolare il rischio che il feto presenti anomalie cromosomiche o malformazioni congenite.
Lo screening si basa sul fatto che, nel caso in cui siano presenti questi difetti, tra l’11° e la 13° settimana di gravidanza lo spessore della raccolta aumenta.
Per incrementare la sensibilità dell’esame ecografico, viene effettuato anche un prelievo di sangue materno definito BI-TEST. Quest’ultimo analizza la presenza di due sostanze ormonali prodotte dalla placenta e immesse nella circolazione materna.
In questo modo, considerando anche l’età della paziente e l’esito delle sue gravidanze precedenti, si riesce a calcolare il rischio fetale.
Questa prima fase di test di screening non invasivi permette una diversa gestione a seconda che il rischio sia alto o basso.
Nel caso di basso rischio la gravidanza può proseguire normalmente seguendo i controlli di routine. Se invece il rischio risulta essere alto, allora si passa a una fase successiva di test invasivi. La villocentesi o l’amniocentesi, che vanno a indagare in modo specifico la presenza o meno di anomalie cromosomiche.
Da questi esami può però risultare un’assenza di anomalie.
Si ripete l’ecografia a 14-16 settimane e, se la translucenza nucale risultasse ancora alterata, si eseguono ulteriori approfondimenti per indagare malattie infettive o difetti genetici.
L’aumento della translucenza nucale può essere associato con Trisomia 21 (Sindrome di Down) e altre anomalie cromosomiche, più di 50 malformazioni fetali e sindromi genetiche e morte endouterina del feto.
Nella maggior parte dei casi però l’aumento della translucenza nucale si risolve spontaneamente e i neonati seguono uno sviluppo normale.
La translucenza nucale permette inoltre di evitare l’esecuzione di test invasivi in tutte le gravidanze.
Il rischio che si correrebbe sarebbe infatti quello di provocare un maggior numero di aborti di feti sani rispetto al numero di feti affetti che si riuscirebbe a trovare. Pur essendo sicure, infatti, queste tecniche hanno un percentuale abortivo di circa l’1%, mentre la possibilità di trovare un feto con difetti cromosomici è di circa 1 su 500.