Ultima modifica 28 Giugno 2019
Consiglio la visione di questo film a chi ha voglia di approfondire il tema della prematurità.
Trattasi de ‘Lo spazio bianco’, diretto da una brillante Francesca Comencini e interpretato da una Margherita Buy che più in forma -drammaticamente parlando- non si può.
Lo suggerisco a chi ha la sensazione che ci possa essere un mondo diverso da quello delle gravidanze fisiologiche e anche a chi crede di conoscermi, ma vedendo cosa accade, ancorché in un film, a chi vive un’esperienza simile, forse potrà dire alla fine della visione di conoscermi davvero o almeno un po’ di più.
Il tema centrale è quello dell’attesa.
Maria, la protagonista, aspetta una bambina, frutto dell’amore passionale scoppiato con uno pseudo sconosciuto conosciuto in un cinema, che, guarda caso, se la dà a gambe levate non appena viene a sapere cosa sta per accadergli e torna alla sua vita di prima, con la sua figlia di prima.
La piccola decide di venire al mondo al sesto mese.
Primo stop. I veri prematuri a rischio non sono i settimini, come tradizione li chiama. Sono quelli di sei mesi, come la bambina del film. Sono quelli che quando sono dentro l’incubatrice nemmeno li vedi, tanto sono piccoli. Sono quelli che quando apri l’incubatrice per toccarli – perché il contatto con i genitori, il calore della mano, li fanno respirare meglio-hanno la pelle che sembra di vetro soffiato.
Sono quelli che quando chiedi ‘come sta?’ ad un neonatologo che in quel momento è l’unico dio in cui credi, anche nelle migliori condizioni possibili, ti risponde ‘stabile’ , perché sono comunque a rischio vita ogni giorno, ogni ora. Sono quelli che quando entri in TIN e li trovi vivi tiri un sospiro di sollievo, quelli che quando le infermiere ti dicono (magari dopo un mese di degenza) che puoi iniziare a portare dei vestitini ti senti una madre normale, perché fino ad allora non li hai nutriti, vestiti, non li hai coccolati, non ti sei arrabbiata perché non ti fanno dormire la notte, non hai litigato con tuo marito perché non ha ancora capito come si cambia un pannolino. Sono quelli i cui pannolini, i micro, stanno loro come degli enormi mutandoni. Sono quelli che non pesano nemmeno un chilo alla nascita. Mille grammi.
Torniamo al film. Maria, sola e senza appoggi, si dedica all’attesa. La sua piccola deve riuscire a respirare da sola, prima che si possa pensare di dimetterla. Nell’attesa scopre il senso di responsabilità, la volontà di crescere questa creatura, il dolore della solitudine ma anche il conforto delle piccole cose. Conosce persone, altre madri spesso sole, alle prese con un’interruzione di gravidanza che nulla ha a che vedere con l’aborto. Conosce la forza di essere donna e madre, di diventare tale nella più completa solitudine. Di prendersi cura di una figlia che non corrisponde al sogno che si fa quando si viene a conoscenza del proprio stato di gravidanza.
Secondo stop. Bravissima, Comencini. Non credo lei abbia vissuto in nessuna delle gravidanze la prematurità, ma è riuscita certamente ad isolare alcuni aspetti ricorrenti in terapia intensiva. Il ‘fare squadra’ con le altre madri, con gli altri dolori, con la paura di perdere e di perdersi. Nello stesso tempo, c’è la parte più cinica e tremenda di te che gioisce se qualcosa di psicologicamente difficile da affrontare accade a qualcun altro. E non a te. E non a tuo figlio, che più che un bambino sembra una piuma.
Il lieto fine, dovuto per non strappare il cuore allo spettatore neutro, per non uccidere chi quell’esperienza ha vissuto sulla sua pelle. La piccola riesce a respirare autonomamente, Maria diventa una madre. E’ come se partorisse in quel momento. E la vita scorre. Lo spazio bianco, quello dell’attesa, si colora dei colori della vita. E via verso quel periodo devastante in cu ti fermano per strada chiedendoti ‘oddio, che amore….ma è appena nato?’ quando in realtà tuo figlio ha due mesi o tre e tu rispondi sorridendo ‘più o meno’ e svolti di corsa nella via a destra e ti siedi per terra chiedendoti perché sia successo a te, pur nella consapevolezza di essere stata baciata dalla fortuna.
Quel periodo in cui ogni mese vai a controllare che ci veda, che ci senta, che sia –termine orrendo, ma è tutto crudo in queste storie- normale, che le emorragie cerebrali ‘fisiologiche nei prematuri’ si siano riassorbite senza lasciare traccia, che sia sufficientemente sveglio e attivo, che i suoi movimenti siano assimilabili a quelli dei coetanei.
E ogni volta è come buttarsi con un paracadute di cui sai che una cinghia non funziona sempre. Ti butti, perché apparentemente sembra tutto a posto, ma quando sei in volo sai che qualcosa potrebbe non andare nel verso giusto. E lo schianto sarebbe dolorosissimo.
Ho impiegato moltissimo tempo a convincermi di dover guardare questo film e di dover scrivere qualcosa a riguardo. Fa malissimo fare queste cose, ma so che la catarsi è lì che mi attende, come in ogni tragedia che si rispetti. Io sono stata davvero fortunata. A me è andato tutto bene, alla fine. Alla fine.
Valentina Cozzoli
Ho visto il film e mi ci sono immedesimata, pur non avendo vissuto un’esperienza simile. Mi è piaciuto molto. Viverlo però deve essere stato terribile… Un bacio
[…] figlio nacque fortemente prematuro, come ho avuto modo di raccontare in un post precedente, ma per pura fortuna anche perfettamente […]
Come mi sono ritrovata nelle tue parole il mio bimbo, è venuto al mndo all ventiseeima settimana poco meno di sei mesi l’incubo è tato lungo e ancora oggi che è uscito dall’ospedale e sono 2 mesi che è a casa non riesco a viverla con tranquillità quando dorme vado a controllare se respira e se dorme per tutta la notte mi preoccupo perchè di sicuro c’è qulcos che non va…. sono passati 5 mesi dal parto un cesario d’urgeza arrivato dopo due mesi di agonia a letto in ospedale con contrazioni e perdite costanti, si perchè la mia gravidanza è stata anomala cioè con perdite costanti iniziate alla 13ma settimata e finite dopo il parto.
ogni tanto provo penso di vedere questo film ma la paura di ricadere in quell’incubo in cui i bambini muoiono e sei in balia degli eventi è veramente forte. Da noi in tin c’era un detto “finchè il neonatologo non ti guarda e tidie che è stabile è tutto ok, ma se ti si avvicina e ti dice che devi parlare allora devi tremare!!!!!!!!!!!!! Sicuramente sono brutte notizie”
Pensate che neanche quando lo stavano dimettendo mi sono sentita dire che era tutto apposto a tuttoggi ai follow up mi dicono al momento lo sviluppo sembra normale!!!
sembra un incubo sena fine……