Ultima modifica 19 Dicembre 2015
La decisione di separarsi è un ferita aperta, e il dolore non si può misurare. Forse si possono pesare le colpe, ed esiste un procedimento di separazione che può arrivare ad accertare chi sia stato causa della rottura dell’impegno preso col matrimonio, ma gli unici a non averne nessuna e a dover invece, purtroppo, pagare un peso dolorosissimo sono i figli.
Negli studi legali, e poi davanti ai giudici, prima di arrivare ad un accordo – quando ci si arriva – le esigenze di questi figli verranno analizzate, soppesate, per arrivare ad un provvedimento relativo al loro affidamento che possa venire incontro ai loro bisogni e interessi, per limitare al minimo la ferita di questa separazione.
E chi parla per questi figli?
Mamma e papà, purtroppo, stanno vivendo una fase critica della loro vita, un fallimento che spesso si veste di recriminazioni e accuse, ed è difficile che riescano a leggere con serenità gli stati d’animo dei bambini, mentre è comprensibile che i bambini siano spinti a prendere le difese dell’uno o dell’altro.
Attenzione! Questo può essere l’inizio di una loro sofferenza ancora più grande.
Il dialogo, anche in questi momenti, è fondamentale per sostenere i nostri figli, ma appunto solo in questo senso, e non per portarli, più o meno consapevolmente “dalla nostra parte”, e contro l’altro genitore: non dimentichiamoci che il nostro ruolo resta quello di genitore, sostegno e guida, e che i figli non ci appartengono , ma hanno dei diritti fondamentali di cui noi siamo i primi garanti.
Più volte ho ricordato ai miei studenti, sperando che le mie parole risuonino nelle loro menti quando svolgeranno la professione di avvocati, che il loro compito deve essere prima di tutto quello di sostenere le ragioni dei figli della coppia che si sta separando, perché quei bambini non saranno rappresentati in giudizio da nessuno – vista la partecipazione assolutamente formale del pubblico ministero al processo di separazione e di divorzio – e, mentre si può lasciare al libero accordo dei coniugi la divisione dei beni, il Tribunale giudicherà la rispondenza degli accordi sull’affidamento all’interesse dei figli, che è “l’interesse superiore” in gioco nel processo.
Alcuni genitori mi hanno chiesto di affidare all’altro il figlio per il solo scopo di liberarsi del peso della sua cura pagando un assegno mensile; altri mi hanno invitato a chiedere il mantenimento più alto possibile, per punire l’ex coniuge, costringendolo a mangiare alla mensa della Caritas, o per destinare quei denari a se stessi piuttosto che ai figli; alcuni hanno accusato falsamente violenze e soprusi, hanno perfino convinto i bambini che l’altro genitore era “un orco”, pur di metterglieli contro.
Fa parte degli obblighi deontologici dell’avvocato non cedere a queste pressioni, pur comprendendo che spesso sono solo il frutto di un meccanismo psicologico di difesa che porta ad allontanare da sé e dai propri figli la persona che si ritiene causa del proprio grande dolore.
Ricordiamoci, però, che un cattivo marito o una cattiva moglie non è per questo necessariamente un cattivo genitore, ed i figli hanno diritto di frequentarlo più spesso possibile, di condividere le loro giornate, i desideri e le conquiste, le difficoltà e la tenerezza, gli impegni e i compiti scolastici, le feste di compleanno e quelle per la Prima Comunione. Certo ci sarà bisogno di dividere tra i genitori anche le spese necessarie alla crescita di questi bambini, ma ripiegare su un assegno mensile non va sempre nel loro interesse e anzi, quando è possibile, credo che l’affidamento condiviso e la contribuzione diretta ai bisogni dei figli sia da preferire.
Se mamma e papà vivono nella stessa città, e possono trascorrere ogni giorno un tempo significativo coi loro figli, l’affidamento condiviso si può tradurre, con la collaborazione e l’impegno dei genitori, nella divisione dei compiti e delle spese che giorno per giorno dovranno essere affrontate, in modo che ciascuno dei due continui a vivere il suo ruolo nella vita dei bambini.
Non credo di fare dei bambini, in questo modo, “pacchi postali” perché il disagio dello spostamento da una casa all’altra è ben poca cosa rispetto alla sofferenza di un figlio che si ritrova senza un padre o senza una madre, non comprendendo (e a volte ignorando) che quel genitore continua a prendersi cura dei suoi bisogni versando un assegno mensile, spesso molto gravoso per i suoi redditi.
Le norme ci sono: dal 2006 è entrata in vigore la riforma dell’affidamento, sostituendo quello condiviso a quello esclusivo a un genitore, con diritto di visita dell’altro, e di recente il Tribunale di Genova ha scelto la via preferenziale del mantenimento diretto, ma non sono pochi a pensare che tutto sia rimasto come prima, anche nelle aule dei Tribunali.
Durante il processo il bambino andrà ascoltato, senza la presenza dei genitori e con modalità adatte alla sua età, in audizione protetta, come spesso avviene soprattutto durante i processi che si celebrano innanzi al Tribunale per i minorenni, per la separazione dei genitori non sposati, ma anche innanzi ai Tribunali civili competenti per le coppie coniugate.
Il mio consiglio, prima di arrivare al processo, è di farsi aiutare da un mediatore familiare, il cui ruolo è segnato dall’art. 13 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996, e ascoltare il bambino, senza mai farne uno strumento di offesa contro l’altro genitore, ma anzi cercando di sostenere il loro legame, perché crescere senza una figura genitoriale è un vuoto difficilissimo da colmare, e può minare per tutta la vita la propria autostima e la serenità nelle relazioni e negli affetti.
E non mi stanco di ripetere, con Kalil Gibran,
«I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma
non da voi, e benché vivano con voi
non vi appartengono».
Stefania
la separazione è un fallimento, personale e della coppia. non sempre, ma sempre più spesso, sono i coniugi, bambini mai cresciuti, che avendo contratto matrimonio con leggerezza, senza pensare che è una partenza e non un traguardo, che la vita in due deve essere VITA IN DUE rispettando i desideri l’uno dell’altro e sopratutto condividendoli-
ricordando che Mai DEVE essere un PERCHè SEMPRE IO?, perchè, prima o poi il bicchiere si colma e succede …..e chi ne paga, pesantemente, le conseguenze, sono i bimbi. Qualunque sia l’acordo, quali siano le determinazoni, qualunque sia l’affido. I bimbi pagano! questo è da ricordare!! e nn farsi sopraffare dal desiderio di un bimbo, la cui nascita non sistema tutto, anzi, axquisce, se possibile, le divisioni, le diversità. Bisofna penarci prima, sistemare le cose tra i due coniugi, poi DIVENTARE GENITORI!