Ultima modifica 19 Dicembre 2015
Ogni volta che si discuteva di affido, della grande disponibilità dei genitori aperti a questa strada si finiva con l’amara considerazione che tutto quell’amore, quella fatica fatta per restaurare un briciolo di fiducia da parte dei bambini verso gli adulti, venisse poi bruciato dall’impossibilità di quelle due persone, qualora il bambino passasse dallo stato di affido a quello dell’adozione, di diventarne a tutti gli effetti genitori.
Chiunque penserebbe che la cosa migliore per un bimbo, inserito in una famiglia a volte anche per anni, sia restare in quella famiglia.
Questo invece non era per la legge italiana che prevedeva lo spostamento del minore in un’altra famiglia che sarebbe diventata a tutti gli effetti la famiglia definitiva. In ogni caso in tutti questi anni nei tribunali italiani spesso i giudici “trasformavano” l’affidamento familiare in adozione grazie alle maglie ampie della precedente legge spesso a vecchia legge veniva applicata nella sua interezza.
Questo ovviamente comportava per il bambino subire non un solo abbandono, quello provocato dalla famiglia biologica, ma anche uno sradicamento dalla famiglia affidataria dove quel bambino aveva finalmente trovato un poco di stabilità e amore con un nuovo trauma (sia per il bambino che per la famiglia affidataria) e un nuovo periodo di adattamento inevitabile con la terza famiglia. Una fatica inenarrabile per un bambino.
E soprattutto una cosa molto, molto illogica! Eppure la legge italiana sosteneva che, se si fosse previsto che un bambino rimanesse nella famiglia affidataria, ci fosse una specie di “scelta del bambino” da parte di quella famiglia.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi questo perché io non sono mai riuscita a capirlo. Come sarebbe che la famiglia si sceglie il figlio….qualcuno lo avrà affidato loro, no? Non c’è stata una scelta da parte loro prima dell’affidamento e allora perché diventava scelta quando lo stato doveva passare da stato affidatario a quello adottivo. Comunque tutto questo è finalmente e definitivamente finito, una polemica inutile. Con la legge173/2015 le cose cambiano, e cambiano molto.
Questa legge prevede la possibilità per la famiglia affidataria di adottare il minore in affidamento a patto che le condizioni che esistono per coloro che iniziano il percorso adottivo sia uguale e cioè che la coppia sia sposata da almeno 3 anni e la loro età superi almeno di 18 anni e non più di 45 anni l’età del bambino.
La legge prevede anche una strada preferenziale per i genitori affidatari se l’affido stesso sia perdurato per lungo tempo benché non specifichi quanto tempo sia in termini di mesi o anni questo lasso di tempo, la legge sull’affidamento parla di un tempo massimo di affidamento i 24 mesi, salvo proroghe.
Questi i più importanti cambiamenti ed era ora che la tanto proclamata centralità dell’interesse del minore diventasse anche in questa circostanza realmente l’interesse del minore. L’obiettivo della legge è che si mantenga quella continuità affettiva che il minore instaura con la coppia degli affidatari, insomma si dà finalmente importanza alla relazione “socio-affettiva” che si sono instaurate durante il periodo di affidamento e sarà il giudice che, ascoltando il minore coinvolto, dovrà decidere quanto questo legame sia forte e consolidato dando così voce anche ai ragazzi,, dove sia ovviamente possibile, che finalmente non saranno più soggetti passivi ma avranno il diritto di rivendicare i loro affetti.