Ultima modifica 23 Febbraio 2016
Giusto qualche giorno fa il nostro cinema, quello italiano, si è fregiato di un grande riconoscimento, quale l’Orso d’Oro per il miglior film al Festival internazionale di Berlino.
Sul palco, a premiare il regista Gianfranco Rosi, una sempreverde Meryl Streep che ha annunciato la vittoria con il suo aplomb, ma che ha scatenato la gioia dei fans del regista in sala.
Il film vincitore, unico italiano in concorso peraltro, si intitola “Fuocoammare”, realizzato con attori sconosciuti, non proprio attori se vuoi, perché hanno interpretato se stessi nella pellicola.
Fuocoammare è un docufilm, forse più docu-mentario che film, ma che però, secondo il punto di vista di una semplice spettatrice, “prende”, coinvolge come un film.
Fuocoammare – La storia del Film
È la storia di un ragazzino di 12 anni, Samuele, abitante in un’isola che è l’avamposto dell’Italia in Africa: Lampedusa. Quella Lampedusa che tutti quelli che non ci abitano ma che l’hanno visitata da turisti conoscono per il mare cristallino e limpido, se sono stati fortunati.
Il resto del mondo invece Lampedusa la conosce per gli sbarchi degli immigrati.
La storia di Samuele dicevamo, nel film si intreccia con la storia del medico dell’isola, il dottor Pietro Bartolo.
Il dottor Bartolo anche nella vita è il vero medico che accoglie i migranti nell’isola.
Ha incontrato per caso Rosi, quando, proprio a Lampedusa per un sopralluogo, ha fatto ricorso alle sue cure,e parlando lo ha coinvolto in questo progetto.
Il film racconta in parallelo la vita normale di un ragazzino di 12 anni, che va a scuola e ama giocare con la sua fionda che si è costruito da se, e il dramma dei migranti, che in un flusso continuo sbarcano sull’isola.
Migliaia di migranti, centinaia di migliaia.
Lampedusa – Il set di Fuocoammare
Lampedusa è un’isola di 20 chilometri quadrati, fate il conto, una lunghezza di 10 km (sì e no 5 minuti d’autostrada per capire) e una larghezza di 3. Ha circa 6mila abitanti, e si calcola che negli ultimi 25 anni abbia accolto qualcosa come 250mila migranti, 40 volte la sua popolazione.
Bartolo in un’intervista a Repubblica.it racconta anche di quella volta, nell’Ottobre del 2013 (tra le peggiori tragedie del mare, nella quale morirono oltre 360 persone e se ne salvarono 155, di cui 40 bambini) che si accorse che tra le salme arrivate sull’isola ce n’era una con un flebile battito, e della corsa che salvò la vita a quella giovane ragazza eritrea.
Purtroppo molti altri sono passati per le mani del dottor Bartolo, e altrettanti sono andati via dall’isola chiusi in uno di quei sacchi neri che si vedono nei film gialli.
E pensate che per la maggior parte di loro questa resta comunque l’unica alternativa: vivere nei paesi di provenienza significa cioè rischiare ancor più di una traversata in mare con una zattera, insieme a centinaia di disperati.
I migranti – gli altri protagonisti
I migranti che Rosi ha voluto raccontare in Fuocoammare sono persone che non hanno più niente da perdere evidentemente. Vittime, lo sappiamo, di una guerra di cui in qualche modo l’occidente è responsabile.
In questi anni l’isola, che è più Africa che Italia, anche geograficamente parlando, è stato il crocevia di gente che magari ha avuto solo la sfortuna di nascere dal lato sbagliato del mondo, arrivata stipata in barche che erano delle bagnarole.
E come dice anche il dottor Bartolo non sarà un filo spinato o un muro di mattoni a fermarla.
Mentre premiavano il film a Berlino, a Lampedusa sbarcavano in 200, e chissà, magari a Tripoli ne partivano altri 400, che forse non arriveranno neanche mai a toccare terra.
Rosi ha proposto la candidatura al Nobel per la pace di tutta l’isola, che insieme ad un’altra piccola perla del Mediterraneo, Lesbo, si è distinta per l’aiuto e il soccorso che ha dato a questa gente in fuga dalla loro terra in fiamme.
Il film, che non ho visto, e la mia risposta sul tema dell’immigrazione
Io non ho visto il film Fuocoammare, e non sono neanche mai stata a Lampedusa, che dicono essere un posto bellissimo, con un mare strepitoso.
Soprattutto non ho alcuna risposta al tema dei migranti.
Non ce l’hanno i grandi della terra figuratevi i piccoli.
Ma vivo nel sud di un mondo che ha visto tantissime persone andar via per cercare fortuna. E pensare che da noi non c’era neanche un dittatore sanguinario in guerra con una resistenza ancora più sanguinaria.
Vivo in un’isola, e so che significa, fatte le dovute proporzioni.
In genere gli abitanti delle isole piccole come quella del film vivono di pesca.
Infatti Lampedusa è un’isola di pescatori.
E tale dovrebbe restare nella memoria collettiva, con la sua bellezza, la sua tradizione e la sua storia, non essere ricordata per la tristezza e per i lutti.
Soprattutto dovrebbe insegnare al mondo la regola dei pescatori, l’ha detto anche Rosi su quel palco lontano, e forse dovremmo impararla un po’ tutti, che è accettare tutto ciò che viene dato loro dal mare.
Forse il Nobel non è un’idea tanto strampalata….