Ultima modifica 13 Novembre 2017
Non avevo ancora finito di piangere per le ragazze dell’Erasmus che ieri mattina, sentendo la radio, mi accorgo che il cronista dell’emittente che ascoltavo incomincia a raccontare di una brutta giornata.
Beh, ho pensato, ecco altri dettagli sull’autista e sul bus.
E invece no, stavolta si soffermava sulla bomba e sulle piste terroristiche.
L’attentato a Bruxelles che il mondo (purtroppo) aspettava
Avevo capito che da qualche parte nel mondo, ancora una volta da oramai troppi anni, era iniziata una guerra.
Ma non quelle guerre che si fanno con i carrarmati e coi militari.
Quelle guerre che si chiamano Torri gemelle, Charlie Hebdo, e ultima solo in ordine di tempo, Bataclan.
Oggi Il Fatto Quotidiano fa la conta dei morti, sono 34 al momento.
E sempre oggi, io dovrei prendere un treno che mi porterà a casa per le vacanze di Pasqua, con i miei figli.
Che faccio, mi fermo?
L’attentato a Bruxelles ha rimesso in dubbio la sicurezza delle città europee, se mai questo dubbio si fosse dissipato, soprattutto dal 22 novembre ad oggi.
Mi raccontava un amico che Parigi a Natale, la città più bella del mondo, era velata, più che altro avvolta da una coltre di timore: poliziotti dappertutto, militari con mitra spianato, controlli in ogni negozio, dal più grande centro commerciale al più piccolo bistrot.
Non voglio immaginare cosa succederà in questi giorni a Bruxelles, con le squadre in tenuta da guerra a cercare terroristi porta per porta, cosa che hanno fatto anche nei giorni scorsi. E nonostante gli sforzi non sono neanche riusciti a fermare la spirale di violenza, anzi se possibile l’ultimo arresto dell’ideatore delle stragi di Parigi è stato rivendicato nel modo più orrendo.
Allora mi chiedo: noi comuni mortali, noi esseri umani che viviamo la nostra vita nelle città, grandi e piccole, del nord e del sud del mondo, cosa dovremmo fare?
Restare a casa a guardare il mondo da una finestra o gridare, come in tanti hanno fatto all’indomani di queste ultime vicende di violenza “Non ci fermerete”?
Beh, credo che chi non ha vissuto in prima persona certe esperienze abbia maggiore facilità a dire: “Ma no, non possiamo non andare avanti. Bisogna continuare a vivere, e farlo perché il contrario è quello che vogliono questi pazzi”.
Poi penso ai genitori di Valeria, la ragazza morta al Bataclan, e mi chiedo se anche loro non abbiano voglia di chiudersi in casa e non vedere più alcuno scempio.
E penso ai genitori di quel bimbo che si è visto in modo sfocato in alcuni video girati ieri in rete sull’attentato a Bruxelles (era un bimbo tratto in salvo dal passeggino all’aeroporto della capitale belga): chiedetelo a loro quando prenderanno il prossimo aereo.
E ricordo ancora mia sorella, che ha vissuto in prima persona l’attentato alle Torri Gemelle mentre faceva uno stage in America: ricordo che sognava Bin Laden e che promise di non prendere più un aereo in vita sua.
Per fortuna la promessa non l’ha mantenuta, e forse anche tutti gli altri torneranno alla vita di sempre tra un po’. E forse è proprio questa la risposta che ci si deve dare.
È retorico, ma è vero: fermarsi e consegnare la nostra libertà nelle mani di terroristi è assurdo, nessuno si ferma per sempre.
Che sia essa una rete organizzata o quattro cani sciolti che hanno deciso di farsi saltare per aria, non può la nostra vita dipendere da questo.
Ecco perché dopo essermi chiesta: “Che fai ti fermi?” ho deciso che oggi salirò su quel treno con i miei figli.
Con la paura e la responsabilità di una madre che vuole difendere con tutta se stessa i suoi cuccioli, ma con la certezza che non si possa pensare che l’immobilismo paghi.
Facciamo piuttosto un’ultima riflessione.
Questo a mio avviso è il prezzo che ha pagato l’Occidente per avere preso una strada sbagliata tanti anni fa, l’attentato a Bruxelles è solo l’ultima puntata.
E oggi purtroppo le frasi della Fallaci sui social invece moltiplicano la rabbia contro quel Medio Oriente, accusato di avere generato tutto ciò che abbiamo visto, dal 2001 e anche prima, fino a ieri.
Chi risolverà la questione?
Non ci sono riusciti i premi Nobel per la pace figurati una writer della provincia italiana.
Ma c’è un pensiero con il quale concordo, lo hanno detto in tanti, lo ha detto ieri sera Gad Lerner durante uno special dedicato all’attentato a Bruxelles.
Se i governi non risolveranno le questioni in loco, lì dove la guerra la vivono ogni giorno tutti i cittadini, noi vivremo ancora altri Bataclan, e altri Zaventem, e altre Atocha, e altre Torri Gemelle.