Ultima modifica 17 Giugno 2023
Sono a metà della seconda.
Di solito è un momentaccio: sì, perché è quella fase in cui devi consolidare per fare diversi salti avanti.
Quanti e quali, però, non si sa.
Non mi preoccupano i bambini: mi preoccupo per me.
Sì perché devo rispettare due/tre regoline:
– non farsi prendere dalla fregola (un simpatico mix di ansia/emozione, entusiasmo/ insicurezza)
– continuare a giocare nella conoscenza, perché non è giusto intetrire 25 bambini per volta, anche se il gioco si fa duro
– ma soprattutto: con i bambini bisogna essere diretti, trasparenti, logici, altrimenti quando parli, ti dicono di sì con la testa ma non col cuore e questa è la cosa che temo di più. Bisogna proseguire nella conoscenza sgombrandola di ogni pesantezza illogica, perché i bambini, a demotivarli, basta un soffio.
E già, non sono bambocci e pretendono da noi, senza dirlo, onestà intellettuale.
Così bisogna continuare su questa strada.
Conoscevano cifre e piccole quantità quando sono arrivati, ma contavano fino a 50 o 100 o 1000. Non potevo stare 2 settimane a parlare del numero 1: li avrei spenti, se non addirittura presi in giro.
Il loro bagaglio di conoscenze ed esperienze non può essere mai ignorato, cioè non possiamo partire dal livello 0 se non gli appartiene.
Anche il programma parla di obiettivi, traguardi, competenze, non di doveri di partenza.
Bisogna che noi, con la praticità che ci appartiene, seguiamo la nostra realtà di classe… non un quaderno immaginario.
Ad un bambino di 3 anni, se metti davanti 1 cioccolatino e più in là 5, lui va dritto a prendersene 5 e te li conta anche.
E vuoi che non sappiano numerare, contare, confrontare a 6 anni?
Se ci fosse qualche bambino a corto di esperienze numeriche, in mezzo agli altri bambini, attraverso la frequentazione dei concetti e col gioco mirato, riesce tranquillamente in poco tempo a mettersi in pari.
L’importante è non pensare che fargli scrivere tre pagine di cinque e sei pagine di abachi possa migliorare la situazione.
Come dice la Prof. ssa Lucangeli, i bambini, il numero e la quantità, ce l’hanno dentro.
Poi sta a noi non mettere il tappo allo scorrere naturale, cercando di fissare in modo indelebile le relazioni tra cifra, numero, quantità, ed insistere sul valore posizionale senza contare sulle pennine colorate (ché ci mettono più a cambiare penna che a pensare “queste sono centinaia” 10 volte).
I bambini meritano onestà intellettuale.
Forse, se noi insegnanti fossimo onestamente convinti, mentre insegniamo, che la matematica serve realmente ai nostri bambini da quando confrontano il numero delle figurine a quando se le vanno a comprare, da quando vincono o perdono ai canestri a basket a quando manca mezz’ora per andare a danza, allora abbandoneremmo i metodi tradizionali.
20 abachi di compito a casa, ora, ditemi, a cosa servono?
A perdere il tempo per ribadire il valore posizionale facendo esercizi grafici noiosi.
No, ma non lo dico io che non sono nessuno.
Lo dicono D’Amore, Lorenzoni, Lodi, Pea, ecc…
I bambini a 6 anni sanno contare fino a 100: bene.
Allora fin dalla prima raggruppiamo per 10 anche 285 fagioli.
Lo sanno fare, vanno oltre, si divertono.
L’importante è insistere sul valore posizionale.
Prima di Natale un bambino mi fa “Maé ma gli euro hanno la virgola, sono numeri con la virgola.
E noi li facciamo con la virgola, vero?”
La parola “virgola” ha risuonato ben tre volte, per la serie “è chiaro il concetto maé??”.
Voi direte, vabbeh, ma in seconda non si può affrontare la virgola, basta dirgli di no, chiudere lì, stop, senza farla lunga.
No.
Ho deciso di dirgli di sì, forse per l’onestà intellettuale che meritano.
Sì, ora mi trovo con un nuovo percorso di conoscenza e apprendimento da costruire con loro e anche se mi frizza il cervello, glielo devo.
Se vanno a comprare qualsiasi cosa e vedono i prezzi espressi in euro, perché dovrei presentargli una realtà falsata?
Voglio dire che, in fondo e pure in superficie, dove sarebbe il trauma nel fargli vedere 0,50 € se è quello che pagano per un pacchetto di figurine?
Ok, gli euro li affrontiamo con la virgola punto e stop.
Il come sta a me e deve essere un come piuttosto divertente e incisivo.
Ecco, quel bambino ha sorriso al mio “Sì” e da lì si parte. Dal sorriso.
Abbiamo giocato alla LIM collegandoci ad un sito molto interessante e non è stato difficile spiegare che 1 € è suddiviso in 100 pezzettini raggruppati per 1,2,5,10,20,50 e che noi, di queste monete, prendiamo quelle che ci servono.
Loro possono. Ce la fanno.
Basta poi leggere articoli che relazionano su nuove ricerche nell’apprendimento della matematica in università come Napoli, Padova, Firenze, per comprendere che i bambini piagetiani non esistono più, o meglio, le tappe degli apprendimenti matematici sono cambiate: “Le ricerche hanno infatti evidenziato che i bambini presentano un gran numero di competenze matematiche già in età prescolare, come il contare e l’attivare strategie di corrispondenza, attraverso cui sono in grado di quantificare e di stabilire relazioni tra insiemi di oggetti, ribaltando così il punto di vista piagetiano della mancanza del concetto di conservazione.”
Posso dire, alla luce di tutto ciò, che Babbo Natale mi ha portato in regalo due nuove, piccole verità: la matematica, a volte, la fanno i bambini ed è necessario fidarsi di loro, proprio per non perdere il filo che la lega alla realtà.
La seconda è questa: a 7 anni già misurano il mondo con i numeri e già sanno che oggi siamo a – 4 (i numeri negativi, finché non roviniamo la festa, non li spaventano affatto); e sanno pure che, se hanno 5 € in tasca, non possono acquistare un gioco che ne costa 5,20… e non svengono!
E così iniziamo con la virgola in seconda, con un po’ di ragionevole, bambinesca incoscienza di maestra.
Fatemi tanti auguri.
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