Ultima modifica 18 Febbraio 2019

È di qualche settimana fa la notizia che la madre biologica di Zahara Pitt, la figlia adottiva di Angelina Jolie e Brad Pitt, ha scritto una lettera chiedendo di poter rivedere la figlia, ora dodicenne, che andò in adozione quando aveva sei mesi.

Voglio solo che sappia che sono viva e qui disponibile per parlare con lei.
Non voglio mia figlia indietro ma solo mettermi in contatto con lei e poterla chiamare e parlare con lei. Mi manca tutto il tempo.
” – scrive Mentewab Dawitt Lebiso, madre biologica della piccola Zahara.

La notizia che i giornali hanno riportato come un qualsiasi gossip sui Brangelina mi ha dato l’occasione per riflettere nuovamente sulla madre biologica di mio figlio.

adozioni

 Mi sono chiesta come reagirei io
se la mamma di pancia di mio figlio si mettesse in contatto con lui.

So benissimo che nell’epoca dei social network e della comunicazione digitale rintracciare una persona è esponenzialmente più facile rispetto al passato e che in un futuro è molto probabile che mio figlio e sua madre si cercheranno.
Mi piace usare il termine “si cercheranno” perché rende perfettamente l’idea della reciprocità dell’azione. Credo fermamente che la ricerca sia bidirezionale, e che prima o poi le loro vite si intrecceranno.
L’ho messo in conto, da sempre, da quando timidamente muovevo i primi passi nel mondo dell’adozione.

Semplicemente mi chiedo come sarà quel momento, quando avverrà?
E io sarò pronta abbastanza per sostenere mio figlio in questa ricerca?
Tante domande che quando ho letto la notizia della ricerca intrapresa dalla signora Mentewab Dawitt Lebiso, si sono fatte più intense.

E naturalmente ho pensato a lei, alla donna che ha messo al mondo mio figlio e che gli ha donato la vita.

Mi sono chiesta dove sia ora, che vita stia conducendo, se ha avuto altri figli, se ha un lavoro, una casa, un compagno o un marito. Mi chiedo poi se pensa a Tommaso.
Lei che ha scelto questo nome per lui, lei che l’ha cullato nel suo ventre, lei che ha scelto di donargli la vita anziché abortire.

Non ho certezze ma l’istinto di mamma mi dice che ci pensa a Tommaso.
Ci pensa ogni giorno guardandosi allo specchio, ci pensa quando arriva il giorno del suo compleanno, Natale e la festa della mamma.
Se potesse ascoltarmi vorrei dirle che anche io penso a lei.
Mi è capitato a Natale guardando Tommaso che scartava felice i suoi regali sotto l’albero, un pensiero è volato a lei. Conosco poco della sua storia ma quel poco mi è sufficiente per credere che abbia fatto il possibile per prendersi cura di Tommaso.
Io non sono nessuno per poterla giudicare o pensare di aver regalato a mio figlio un futuro migliore di quello che avrebbe trascorso con lei. Semplicemente diverso.

Il compito che abbiamo noi genitori adottivi è quello di sostenere i nostri figli quando decideranno di intraprendere la ricerca delle loro origini o quando queste ultime busseranno alla loro porta, consapevoli che è un passo necessario per completare il puzzle della loro vita.
Credo, ma questa è una mia personalissima opinione, che, per quanto possibile occorre prepararsi, fare un lavoro su sé stessi che possa aiutarci ad arrivare se non pronti ma almeno preparati a quel momento.

Solo così saremo d’aiuto, e non d’intralcio, ai nostri figli.

® Riproduzione Riservata

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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