Ultima modifica 20 Giugno 2019
Inizio a divertirmi amaramente: guardare dalla mia finestra chi parla di scuola senza averci mai messo piede… o quasi, sta diventando veramente uno spasso.
Chi dice che gli insegnanti costringono gli studenti a stare a casa 3 mesi d’estate, ma poi no, ripensandoci andrebbe bene anche una settimana ogni tanto.
Chi dice che per gli insegnanti dovrebbe esserci l’Inquisizione in ingresso.
Poi c’è l’Ocse Pisa che ultimamente fornisce un sacco di statistiche interessanti, puntualmente colte da chi vuol parlare di scuola: a che titolo e con quale grado di informazione, a che scopo e con quale intenzione… questo lo ignoro. Mi sembra un pour parler, ma potrei sbagliare.
Ora gli studenti italiani sono stressati.
E’ un fatto.
Le testate si interrogano: Colpa dei prof? Colpa loro? Colpa del web? Colpa dei social?
Colpa del noncisonopiùlemezzestagioni????
E si danno anche le risposte: è perché snobbano la scuola; perché hanno troppi compiti; perché hanno l’ansia da prestazione e perché sono perseguitati da prof maligni che, avendo tempo libero, si divertono un mondo ad inventare le torture più assurde come ritirare i telefonini a inizio lezione. E che stress.
Sono la prima a dire che la scuola può sempre crescere e migliorarsi nella direzione dei ragazzi, ma…
Diciamo che la scuola è diventata un argomento da tipiacevincerefacile, un jolly quando non c’è altro da dire.
Perché la scuola c’è sempre ed è inevitabilmente se stessa.
Che ci vuole? Tutti siamo stati a scuola.
Tutti siamo stati tormentati da un prof.
Tutti abbiamo tremato per una verifica e ce ne siamo fregati di un’altra.
Tutti abbiamo avuto un mucchio di compiti, chi più chi meno.
Tutti abbiamo ricevuto imposizioni ingiuste, colti nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un mondo difficile quello degli adolescenti. Oggi sicuramente più complesso di una volta.
Un mondo dove a parlar male e a cercare colpevoli si fa sempre centro.
Leggo contemporaneamente articoli di una consapevolezza spaventosa su quanto sia duro essere adolescenti in lotta col mondo e con l’immagine di se stessi che mai si identifica con ciò che vorrebbero essere; su quanto ognuno dei nostri ragazzi sia complesso di per sé e pure immerso nelle relazioni con la sua realtà.
Ma come si fa a lanciare certi messaggi, in pasto a chi la scuola la guarda da turista di facciate?
Come si può diventare così leggeri?
Io, in quella statistica, leggo la piena normalità di un età in lotta, in antagonismo con l’adulto, in continua richiesta di attenzione e in continuo rifiuto della stessa.
Ora se vogliamo trovare nella scuola la colpa dell’adolescenza o dell’insoddisfazione di vivere, facciamo pure… ma facciamo bene a semplificare così banalmente?
Io me la ricordo la pressante insoddisfazione, dalla faccia allo specchio la mattina, passando per i libri sempre troppo ingombranti tra i pensieri, arrivando alla verifica che sembrava una punizione divina.
Eppure quegli anni, ora, li ricordo come un periodo di mattoni messi uno dopo l’altro per essere quella che sono. Posso dire che ci voleva tutto, crisi esistenziali comprese.
Da insegnante posso dire che non vedo, invece, articoli su docenti che appassionano i loro studenti, giovani insegnanti che si entusiasmano perché al suono della campanella nessuno si alza e si continua il dibattito.
Tra l’altro aleggia quell’impalpabile sensazione che i buoni insegnanti siano quadrifogli in mezzo alla gramigna.
Voi, seguaci dell’Ocse, lasciatevelo dire: voi così vi perdete La Scuola.
Quanti insegnanti che sono colonne per la vita dei ragazzi vi passano sotto il naso?
Quanti in classe ogni giorno dialogano con bambini e ragazzi a cui i fatti della vita hanno cambiato il dna dell’anima? Ma che ne volete sapere?
Quanti ne perdete ogni giorno che si portano a casa la loro borsa di pensieri, di soluzioni, di tentativi, di studi, col cuore che batte più forte per un minimo successo?
Da spettatrice di questa superficialità nel descrivere il mondo della scuola, mi verrebbe da piangere.
Per fortuna che io, in questa scuola, ci lavoro e mi permetto di sorridere guardando dalla mia finestra privilegiata, perché la scuola, per fortuna, è ciò che vedo e non ciò che leggo, perché so che ciò che non è oggi sarà domani e so che i giorni in cui si prende sono più di quelli in cui si dà, indipendentemente dalle parti.
Veniteci a scuola. Entrateci. State. Poi prendete la penna e scrivete… compito di REALTA’.
Non sapete cos’è?
Andate a cercare in qualche altro sondaggio.
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