Ultima modifica 15 Novembre 2017
Sono anch’io una mamma adottiva, di quelle che sono passate per le mani di giudici e psicologi per entrare nella propria storia, per costruirla, per poter arrivare a realizzare il sogno di incontrare il proprio figlio.
Sono anch’io una di quelle che ha trovato qualcosa di terribilmente bello o faticoso, da condividere.
Nella nostra storia abbiamo incontrato qualcosa di incredibilmente doloroso come l’infertilità, che, però, ci ha rivelato qualcosa di noi straordinariamente bello: la possibilità di essere fecondi nonostante l’infertilità.
Abbiamo scoperto che l’infertilità te la dà la natura, non la scegli, puoi solo decidere come starci di fronte, come ad un dono o ad un’imposizione, mentre la fecondità è frutto della tua scelta se considerare quel limite l’unica e l’ultima parola sulla tua vita, oppure semplicemente un passaggio di fronte al quale puoi fermarti. Ma anche no.
Per grazia non ci siamo fermati e il nostro cammino ci ha rivelato la sua bellezza.
Oggi se devo parlare della nostra famiglia, posso solo parlare di bellezza: sono madre di due figli, generati dalle viscere di altre madri, di mamme che non ho conosciuto e non conoscerò mai, ma che mi hanno donato il loro frutto più bello da custodire.
Resto incantata ogni giorno quando i miei figli, conosciuti a distanza di anni, diversi per età, etnia, colore, cultura, carattere, si pongono tra le mie braccia cercando carezze, quando sorridono birichini e mi provocano, quando cercano ascolto, conferme, risposte, sicurezze, ma anche confini.
Sette anni fa il primo incontro, in adozione nazionale; un anno fa un viaggio intercontinentale, quello per incontrare il nostro secondogenito Julio.
Un anno di combattimento per lui tra i ricordi e il presente, i desideri e la realtà, aspettative e possibilità, un anno intenso per noi tra dubbi e tentativi, speranze e certezze, aperture e chiusure… un anno insieme per iniziare a scoprirci, ad accoglierci, ad amarci.
Ogni volta che la fatica ha bussato, ogni volta che comprenderlo è sembrato difficile, che è stato sopra ogni regola, che il sorriso birichino ha sfondato l’argine che tentavamo di mettere per orientarlo, ogni volta che il dubbio ci ha costretto a ripensare la via, in vero ci ha chiamato a conversione, a rinnovare i nostri cuori, a seguire una via imprevista, ma feconda.
Abbiamo faticato, sì, ci siamo scontrati con il suo smarrimento, con il suo desiderio di rispecchiamento, lui color cioccolato, in mezzo a noi color latte, abbiamo accolto la nostalgia dei suoi affetti, la fatica per inserirsi in questo universo tutto nuovo, la rabbia per i confini inediti che ha sperimentato.
Abbiamo attraversato tanti passaggi, tappe di un diventare famiglia, di un diventare genitori e figli, ma anche fratelli…
I giorni che ha fatto la valigia per andarsene, i giorni che ha guardato per ore le foto della sua terra, della sua infanzia, della mamma sostituta che lo ha accolto e custodito per i primi anni… i giorni che ha sovrapposto i ricordi, raccontandoci che a Tumaco, sua città di origine, c’erano Nicola (il nostro primogenito), i nonni, Mirabilandia… i giorni in cui, infine, ha scoperto di avere una mamma ed un papà ed ha iniziato a baciarmi, leccarmi, mordere il mio corpo quasi per farlo suo, in cui si è appoggiato sulla mia pancia per ore e solo lì ha trovato pace del tormento che sembrava attanagliarlo.
Ci stiamo conquistando, un po’ al giorno, stiamo intrecciando la nostra storia con la sua, le sue abitudini con le nostre regole, i suoi bisogni con il nostro amore.
Il primogenito, da parte sua, in questo lungo anno ha attraversato la “porta stretta”: si è misurato con un fratello vivace, impertinente, invadente, con il suo bisogno di conquistare mamma e papà, con le sue fughe cui si è associato, con le sue nostalgie che hanno risvegliato le proprie, con le sue domande che hanno aperto o riaperto la voragine del proprio passato senza connotati, del suo abbandono ancora da comprendere fino in fondo.
Oggi li guardiamo crescere, fatichiamo, ci interroghiamo, sbagliamo, ricominciamo, ci divertiamo, li correggiamo, ci correggiamo, li contempliamo, e nell’alternanza di emozioni, fasi, umori e percorsi, quando la mattina siamo tutti insieme sul lettone tra dispetti, giochi e domande esistenziali, sentiamo che questa è la strada giusta.