Ultima modifica 28 Maggio 2024
Mi chiamo Alessandro, sono nato a Milano in un freddo gennaio del 1972.
Ho vissuto la mia infanzia e adolescenza nel capoluogo lombardo.
Dopo una scuola superiore di stampo linguistico commerciale mi sono iscritto alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere con l’ambizione di diventare giornalista.
Alterno la frequenza all’università con collaborazioni professionali in uno studio di traduzione di brevetti industriali e in una testata giornalistica cittadina.
Nel 1993 ricevo una cartolina dallo Stato (al quale avevo detto “No grazie, io il militare non lo voglio fare. Fatemi fare qualcosa di più utile…”) che mi invia in una comunità per minori sulla sponda lombarda del Lago Maggiore dove ho uno scontro frontale con l’Educazione Professionale.
L’amore tra me e l’Educazione è talmente immediato che in 12 secondi decidiamo che non ci lasceremo mai più.
Stravolgo quindi stile di vita e progetti.
Mi trasferisco alla Facoltà di Scienze dell’Educazione, lascio famiglia d’origine e città natale. Vado a vivere in un monolocale a pochi passi dal lago iniziando a lavorare come Educatore.
Da allora vivo sulla sponda del lago e lavoro nell’alta provincia di Varese.
Mi laureo in Scienze dell’Educazione
con una tesi sulla valutazione dell’autonomia negli adolescenti.
Mi sono occupato di adolescenza (in contesto comunitario) per quasi un ventennio.
La vita mi ha portato a deviare la mia strada professionale verso l’ambito dei minori e delle famiglie a tutto tondo.
Raggiunta la “maggiore età professionale” nella comunità per minori (i fatidici “18 anni” che segnavano l’entrata nel mondo adulto per i ragazzi che seguivo, perfetta metafora di un cambiamento necessario) esporto la mia esperienza nei servizi per l’infanzia e nel faticosissimo mondo degli interventi educativi domiciliari, scolastici e aggregativi confrontandomi con sistemi familiari complessi su mandato del Tribunale per i Minorenni.
Nel 2006 un nuovo scontro, questa volta con il mondo della paternità.
Diventato padre mi accorgo che le priorità personali e professionali hanno assunto una nuova piega, un nuovo ambito di ricerca.
La passione per la scrittura, mai veramente spentasi, ritorna prepotente nel 2012 quando apro un blog nel quale riverso pensieri e riflessioni riguardanti il mio mondo.
Nel 2013 autopubblico il mio primo romanzo Padri imperfetti.
Il libro racconta le vicissitudini di tre nuclei familiari e di un educatore che attraversa le loro vite centrando il focus sul tema della responsabilità paterna. Scelgo la strada del self publishing perché ero ansioso di vedere il riscontro di pubblico rispetto al mio stile di scrittura ma ben presto mi accorgo di quanto sia faticoso inserire in una vita già complessa anche la promozione in solitaria del mio romanzo.
Nel 2015 il terzo grande scontro della mia vita.
Mentre sono alla ricerca di una casa editrice interessata al mio romanzo incrocio sulla mia strada (tramite il web) Cinzia Tocci, editore di C1V Edizioni, che decide di pubblicare in seconda edizione Padri imperfetti raccontandomi solo un paio di anni dopo di essersene innamorata come lettrice prima ancora di entrare in contatto con l’autore.
Nel 2016 pubblico Mai più sole.
Un romanzo in cui l’educatore protagonista questa volta racconta del suo incontro con le differenti maternità. Un romanzo centrato sul femminile e sulle emozioni (e gli scossoni) che una nuova vita in arrivo porta con sé.
Nel 2017 pubblico Sette note per dirlo (scritto a quattro mani con Cinzia Tocci).
Un romanzo dedicato agli adolescenti che racconta di musica, amori, conflitti intergenerazionali, amicizia e tutto ciò che circonda il mondo dell’adolescenza con un parallelo tra gli anni ottanta e oggi.
Nel 2018 pubblico Siamo solo piatti spaiati.
Una ideale chiusura della trilogia che ha per protagonista l’educatore che questa volta racconta della vita di un “normale” adolescente inserito in una comunità per minori a seguito di un reato commesso.
In perenne ricerca di nuovi stimoli e modi per imparare ad affrontare il mondo che abito, sono felice di aver incontrato mia moglie che non ringrazio mai abbastanza perché, cercando di farmi restare (per quanto possibile) con i piedi per terra, mi aiuta a trovare un equilibrio tra sogni e realtà.
A volte frenandomi, a volte spronandomi.