Ultima modifica 28 Aprile 2021
Leggo sul L’Espresso un articolo abbastanza inquietante (per quanto assolutamente veritiero): dal 2013 sono aumentati i ragazzi tossici.
E l’età media è sempre più bassa.
Bambini che sperimentano solventi, tredicenni che si prostituiscono per una dose, adolescenti sottoposti a Tso.
Alcuni di questi ragazzi li incontro quotidianamente nella mia professione di educatore e potrei raccontare storie che la maggior parte degli adulti relegherebbero nel cassetto della mente del “succede, ma a qualcun altro”.
Storie quotidiane di ragazzi che si stanno perdendo e di genitori che non sanno più dove sbattere la testa per rimediare a situazioni al limite.
Genitori che si chiedono (forse) dove possano avere sbagliato.
“In tutta Italia – secondo i dati elaborati dal Dipartimento per la Giustizia Minorile – i minori e i giovani adulti (dai 18 ai 25 anni) in carico agli uffici di servizio sociale per i minorenni sono 20.466, di cui oltre 7 mila nuovi arrivi solo nell’ultimo anno.
Negli ultimi 12 mesi, quelli collocati nelle comunità dell’area penale – fra cui i minori che hanno commesso reati in materia di stupefacenti – sono stati 1.837, con un aumento di quasi 300 unità rispetto al 2015”. (L’articolo completo qui)
Numeri che sulla carta possono sembrare poca cosa ma che se concretizzati nei volti e nei nomi dei protagonisti (o delle vittime?) di queste storie di vita rischiano di far tremare le vene.
Siamo di fronte a una degenerazione della problematica relativa alla tossicodipendenza?
Certamente il problema non va preso sotto gamba e ogni genitore dovrebbe tenere gli occhi aperti ma questa realtà è solo uno spaccato della totalità.
Sono reduce da un lungo e intenso week end in cui ho convissuto a stretto contatto con un gruppo di adolescenti (e qualche adulto di contorno). L’obiettivo era quello di creare un progetto fotografico innovativo al quale molti dei partecipanti hanno scelto di aderire senza sapere con chiarezza a cosa sarebbero andati incontro.
Una decina di ragazzi tra i 15 e i 19 anni sono stati coinvolti in questa impresa che ha comportato una convivenza ventiquattro ore su ventiquattro, con ritmi serrati di attività, gomito a gomito con persone che, per molti di loro, erano degli sconosciuti.
Al netto della fatica e delle emozioni che mi hanno accompagnato in questi giorni sincopatici sono finalmente riuscito a mettere la testa su ciò che di questa esperienza mi sono portato a casa. Mi vengono in mente, random, delle parole che hanno caratterizzato queste ore passate con loro.
Fiducia, entusiasmo, condivisione, impegno, divertimento, responsabilità, voglia di raccontarsi.
Non sono concetti vuoti ma la rappresentazione di quanto i ragazzi hanno messo in campo in questa esperienza. Che non è certo un esempio isolato.
Non più tardi di tre mesi fa, infatti, ho coordinato un gruppo di adolescenti che si sono offerti come volontari per la gestione dell’oratorio estivo.
Un contesto in cui – massacrati dal caldo di giugno e luglio e dalla fatica fisica e mentale – sono riusciti a gestire un centinaio di bambini e ragazzini. Sono riusciti a farli divertire trasmettendo loro (attraverso l’esempio del loro comportamento) anche dei valori educativi che li accompagneranno per tutta la vita.
Che connessioni ci sono tra la problematica della tossicodipendenza e il volontario o il senso di responsabilità nel mondo adolescenziale odierno?
La domanda a questo punto sorge spontanea: come sono davvero gli adolescenti oggi?
Sembra banale dirlo ma l’esistenza dei ragazzi è un contenitore che devono cercare di riempire. A seconda degli stimoli che hanno possono scegliere quale contenuto mettere nel vaso. Tutto dipende da ciò che viene loro proposto come alternativa.
Noi adulti siamo in grado di guardarli per quello che sono?
Siamo consapevoli di quanto sia importante offrire loro opportunità tra le quali scegliere? Abbiamo la forza di proporre senza rimanerci male se accettano le offerte altrui?
Ce la facciamo a fargli fare gli adolescenti?