Ultima modifica 4 Marzo 2019
Il problema secondo me è l’aspettativa.
Come quando a Natale sotto l’albero sai che c’è un pacchetto per te, finemente confezionato e da parte di una persona speciale, lo apri e ci trovi dentro un bagnoschiuma. Un bagnoschiuma di marca, ma pur sempre un bagnoschiuma.
Insomma, Lady Gaga è immensa ma stiamo parlando di quel bagnoschiuma.
La storia ė stranota: terzo (terzo!) remake di un film del 1937, “A star is born” racconta di Bradley Cooper, famoso cantachitarrista in declino, dipendente da alcool e droghe, che scopre in una struccatissima Lady Gaga un diamante grezzo da iniziare al successo.
Mò, diciamo le cose come stanno: Bradley Cooper ha un bravissimo dentista e ogni volta che sorride ti manca la terra sotto i piedi.
Tuttavia, in questa veste di attore-regista-sceneggiatore-produttore, forse ha avuto veramente troppe cose a cui pensare e si è scordato ritmo e pathos in un cassetto della scrivania.
E infatti lo scorso 25 febbraio, alla cerimonia per l’assegnazione degli Oscar, nonostante ben otto candidature, l’Academy ha assegnato al film solo la statuetta per il miglior brano a “Shallow”, riconoscendo la bravura di Lady Gaga come cantante e compositrice.
La canzone è infatti più che piacevole e si aggancia al primo ascolto per non lasciarti più.
La mossa azzeccata di Cooper è stata quella di scegliere la Germanotta nel ruolo che fu di Judy Garland e Barbra Streisand prima di lei. Chi l’aveva già apprezzata in ben due stagioni di American Horror Story, l’ha amata anche in questo film, che struccata è notevole.
Ed è una che lavora sodo e si impegna, cosa che non guasta e in parte, ma solo in parte, ripaga lo spettatore della noia del silenzio di alcune scene.
A star is born è stato ottimamente lanciato dai due, i quali hanno finto un tale feeling fuori dalle scene che li ha ripagati meglio di ogni teaser trailer.
Questo è, secondo me, ciò che ne farà un cult.
Vogliamo ricordare la loro alla performance canora agli Oscar, quando tra la Stefanona al piano e Bradley avvinghiatole lí accanto non passava neppure una nocciolina e lei lo guardava proprio come io guardo il tiramisù?
Insomma, bella trovata.
Il discorso però è questo: se dopo un film con un’icona della musica come Lady Gaga, quando si riaccendono le luci, manco le quindicenni dietro di te battono le mani, qualcosa quanto meno a livello di struttura non ha funzionato.
Avremmo dovuto seguire l’esempio del pennellone capelluto della fila davanti alla nostra, che dopo dieci minuti si è girato, ha chiesto in che sala fossimo ed ha battuto in ritirata perché pensava fosse “Predator”.