Ultima modifica 20 Giugno 2019
Sono un po’ di giorni che sto pensando se parlare agli alunni del rapimento delle 200 ragazze nigeriane motivato dal loro desiderio
vitale di studiare.
Credo che lo farò. Oggi mi è capitato di leggere un articolo sul Il Sole 24ore, che riporta il pensiero di Gordon Brown, ex premier e cancelliere dello Scacchiere del Regno Unito, inviato speciale delle Nazioni Unite per l’istruzione globale.
Penso a quelle ragazze rapite per essere rivendute a mariti-padroni, tanto per ricordare loro che devono abbassare la testa e rinunciare all’istruzione che libera; penso ai bambini-soldato che perdono il loro diritto all’infanzia e allo studio per imparare come si uccide; leggo e penso all’allarme di povertà educativa che Save the Children ha lanciato in Italia e che denuncia, oltre alla dispersione scolastica più frequente nelle regioni del sud, anche la carenza diffusa di stimoli e opportunità per i bambini e i ragazzi.
E poi leggo dall’articolo de La Stampa scuola del 13 maggio “Gli studenti non ci stanno e boicottano i contestati test Invalsi. «La prova di matematica l’ho fatta mettendo i primi numeri che mi venivano in mente», ironizza su Twitter uno studente. «Matematica era ostrogoto antico. Ho consegnato, era inutile provarci» Questo con il boicottaggio c’entra ben poco. Forse, pubblicizzando certe frasi, dovremmo porci qualche domanda: sono state boicottate per principio o perché non si sapevano affrontare?
Il boicottaggio vero sarebbe stato non andare a scuola nei giorni della somministrazione.
Ma trovarsele davanti e buttare le risposte a caso, perché non si sapevano affrontare, è ben altro.
C’è di base una impreparazione consapevole che, tra l’altro, non penso così diffusa come sembra.
Poi la simpatia delle risposte è un’altra cosa.
Io credo che i molti studenti che ci hanno sudato sopra e che hanno pensato alle risposte,( e che come al solito non fanno notizia), siano stati molto più coraggiosi degli altri, e forse, sbagliando solo ciò che realmente non sapevano, hanno aiutato la loro scuola e i loro insegnanti a correggere il tiro e ad insistere su qualcosa piuttosto che sui soliti argomenti.
Magari sono usciti e ne hanno “dette di ogni” delle prove affrontate, ma sono stati comunque lì a farsi “giudicare” e “schedare”.
Forse tra impreparazione e boicottaggio è stata fatta un po’ di confusione.
Per i bambini della scuola primaria non si pongono certi problemi. Bisogna farla e si fa. Sono lì ad affrontare probabilmente lo scoglio più alto della loro carriera scolastica che li scrolla, li confonde, li intimorisce. Ma sono lì sui banchi perché sanno che devono. E noi insegnanti siamo fuori dalla porta a sentirci responsabili.
Siamo sullo stesso mondo?
Il privilegio di studiare, sapere, saper fare, progettare, cambiare non è per tutti, ancora.
Ma chi ce l’ha dovrebbe riconoscerlo (aiutiamoli!) e tenerselo stretto e non è mai troppo presto per capirlo.
Certo che di cose storte ce ne sono, in ogni ambiente scolastico. E se ne può parlare, si può discutere, si può anche cercare di cambiare. Perché “martellare” di e-mail il Ministero e lo stesso Invalsi, scrivere su FB le proposte per migliorare queste famigerate prove si può, ricordando che l’atteggiamento costruttivo, propositivo è quello che ci si aspetta dai giovani. Proprio due anni fa ho scritto due volte ed ho ricevuto risposta (che non mi aspettavo) da uno dei collaboratori Invalsi.
Ogni anno ho visto anche io gli errori di stampa nelle prove, so anche io che quasi ogni anno propongono temi inadeguati ai percorsi dei bambini o ragazzi, ma sono comunque uno stimolo a completare il nostro sapere, il nostro stile di insegnamento, ad apprendere nuove metodologie.
Ci sono scuole nel mondo che sono bombardate non dalle Prove Invalsi ma da bombe vere, e non per sbaglio, ma perché l’istruzione è una condizione pericolosa in alcuni luoghi del mondo.
Quelle che sentiamo al tg sembrano delle storie di cui possiamo parlare o non parlare. Invece le dovremmo sentire dentro. Sicuramente tanti lo fanno, ma tanti… anche no.
Qui non si tratta di appesantire il pensiero dei ragazzi e dei bambini più fortunati, ma di renderli consapevoli che la scuola è un diritto per cui alcuni muoiono ancora in quel mondo che gireranno in lungo e in largo prima o poi, o in aereo o in auto-stop. Prima fa’ il tuo dovere; poi si può parlare degli 80 euro in busta paga, della carta igienica che manca, dei troppi compiti per le vacanze, degli zaini troppo pesanti, degli insegnanti che non si aggiornano, dei problemi strutturali delle scuole italiane, dei ministri lontani dalla vita scolastica. Ma tutto ciò deve essere una battaglia combattuta seguendo le regole e imparando tutto quello che viene proposto.
Abbiamo un dovere verso lo studio proprio perché abbiamo il diritto allo studio.
Oggi siamo un po’ troppo distratti dai “sotto-diritti” che pensiamo di dover avere e meno concentrati sui nostri doveri.
E penso che le “nostre” ragazze ne affronterebbero una al giorno di Prova Invalsi e anche molto volentieri, perché una “schedatura” del genere, in confronto a ciò che stanno passando per aver tentato di conquistare il loro diritto allo studio, non è nulla.