Ultima modifica 12 Febbraio 2019
Il giorno successivo all’esibizione di Achille Lauro al festival di Sanremo, chiusosi con le polemiche che lo contraddistinguono da sempre, il caso ha voluto che fossi ad un mercatino, e che la radio in filodiffusione passasse a palla la sua canzone.
Io, che evidentemente non capisco (più) niente di musica, ho storto il naso. La canzone non mi piaceva al primo ascolto, e continua a non piacermi al quinto e più.
Ma evidentemente sono tra i pochi delatori.
Perché a discapito delle polemiche che si sono accese sul caso Achille Lauro, la canzone Rolls Royce, evidentemente piace. E vende.
Achille Lauro è un rapper. Lo dice Wikipedia.
Nasce a Roma nel 1990 e comincia a fare musica (?) molto presto.
A 14 anni, dopo essere stato abbandonato dalla madre (che oggi gli fa da agente, a voi i commenti) e dal padre ed essere rimasto con il fratello maggiore nella capitale.
Avrebbe addirittura già pubblicato un libro. Io sono Amleto. Non so quale sia la trama, ma leggo essere
“un’opera che parte dal pretesto biografico per addentrarsi nei meandri più profondi della sua personalità e delle sue esperienze.” (Fonte: rapologia.it)
Che volete da me, ma le parole opera, biografia, meandri profondi di personalità e esperienze, associate a Achille Lauro mi fanno specie.
Ma se Fabrizio Corona è settimo per vendite di libri lasciamo a Lauro il beneficio del dubbio sulla qualità del suo e torniamo a raccontare il cantante.
Fa samba trap. È un trappista dunque. Come già ho detto non in senso di monaco ma in senso di autore trap, un genere di musica che piace ai giovanissimi. E poi lo associa al samba. Cosa ne viene fuori devo ancora capirlo, ma la canzone che ha portato a Sanremo, a detta sua e degli esperti di musica, è un rock.
Già all’indomani della prima esibizione, mentre passava per le radio e per il web, Achille Lauro ha dato da parlare. E pure male.
Alcuni hanno detto che la canzone si rifaceva ad un’altra non conosciuta. Un rampante avvocato già alla seconda puntata di Sanremo si era presentato in vece di questo gruppo (a suo dire) plagiato per chiedere il conto.
Ma la storia deve essersi subito sgonfiata: il plagio è una cosa ben precisa, riguarda armonie, melodie e tecnicismi e non bastano due note una appresso a un’altra per potere spillare soldi a un cantante, a meno che non ti chiami Albano e fai causa a Michael Jackson.
Poi c’è stata la storia dell’interpretazione del testo.
Infatti girava voce che questo titolo, Rolls Royce, e il testo tutto, facesse riferimento all’ecstasy.
Le prove c’erano e fortemente indiziarie. Le iniziali RR, che sembrerebbero essere impresse sulle pasticchine di droga, il testo di Achille Lauro che inneggiava a cantanti morti per overdose, a vita spericolata, a macchinoni soldi e gioco d’azzardo.
Insomma da uno che, per sua stessa ammissione, ha avuto un passato (prossimo, vista la giovane età) burrascoso ce lo si poteva anche aspettare.
Non è il primo e non sarà l’ultimo che nelle sue canzoni avrebbe parlato di droga.
Non dimentichiamoci che Vasco Rossi ha fatto della vita spericolata il marchio della sua carriera, e che Coca Cola era la canzone del diavolo che parlava di cocaina.
E artisti come Doors, Nirvana, Hendrix non sono stati stinchi di santo.
Achille Lauro però ha seccamente smentito questa allusione alle droghe nella sua canzone.
Vabbè. Non poteva fare diversamente.
Ma io penso comunque che questi giovani artisti che si stanno affacciando sul panorama musicale italiano abbiano responsabilità, meriti e colpe.
Responsabilità in primis di fare bella musica. Non so quale di questi cantanti lo ha detto, che non è certo colpa delle canzoni se i ragazzi si drogano, vanno male a scuola o diventano delinquenti. Magari! affermo da madre.
Verremmo assolti noi genitori in primis, gli insegnanti e la società tutta.
E infatti dare ai trapper la responsabilità della bruttezza della società no. Ma fare brutta musica si, eccheccaspita. Di questo io vi accuso!
I Rolling Stones per quanto drogati fossero hanno inventato il rock.
E se Achille Lauro
viene paragonato a Vasco Rossi,
che per lo meno si meriti questo paragone
e cominci sul serio a fare
testi e musica all’altezza.
E poi, lo dico forse passati gli anta, una canzone che si presta ad accarezzare la droga, non credo proprio sia un “fallo involontario”.
In ogni caso, droga o non droga, la cosa se vuoi peggiore, è che queste canzoni trap (non di Achille Lauro a onor del vero, lo avevamo già detto in un altro racconto) sono farcite di pochezza, brutte parole e zero valori.
Vogliamo parlare, dicevo, della musica poi? Che nel rap vale quanto il due di coppe quando la briscola è a oro?
E dunque niente musica (altro che schitarrate di Jimi Hendrix),
niente testi validi (altro che Guccini o i cantautori), i look peggio mi sento,
mi chiedo quale sia il segreto del successo di questa vagonata di trapper.
Però vanno. I giovani, compresi i miei figli, li ascoltano, le case discografiche si arricchiscono e i teatri si riempiono.
Ecco allora che un po’ di responsabilità, voi trapper ce l’avete. Se proprio volete mandare un messaggio fatelo con un minimo di responsabilità. Mio figlio non diventerà (spero) un drogato perché a lui piace Rolls Royce, ma visto che la censura, dicono, è anacronistica, cercate voi stessi di evitare fraintendimenti.
E se proprio non ci riuscite fate almeno buona musica come Keith Richards.