Ultima modifica 28 Aprile 2021
“Come state?”
Venticinque paia di occhi che fissano la persona che ha posto loro questa domanda riflettendo a loro volta lo stesso quesito.
“Come sto?”
Una domanda banale, che ogni giorno rivolgiamo a chi incontriamo con superficialità e (forse) non troppo interesse per la possibile risposta. Ma quando questo interrogativo viene posto con la finalità di conoscere davvero lo stato del nostro interlocutore quasi si semina il panico. Soprattutto se stiamo parlando con degli adolescenti, perché si entra in un mondo interiore e faticoso che è difficile riconoscere e catalogare.
Figurarsi poi condividerlo con gli altri.
Immaginate una situazione critica, dove un evento straordinario ha sconvolto la normale routine di ogni giorno. Qualcosa che non pensavamo avremmo potuto incontrare ma che, nostro malgrado, abbiamo toccato con mano.
E che smuove emozioni contrastanti e forti.
Le emozioni.
Quel sottobosco di sensazioni che è difficile districare e che non sempre siamo in grado di gestire.
Ed è proprio lì che quell’ammasso di adolescenziali occhi lucidi si inceppa. Perché qualcuno sta chiedendo loro di mettere ordine alle emozioni che provano. Un compito difficile e faticoso.
Ma gli adolescenti sono in grado di riconoscere le emozioni?
Per quanto riguarda la competenza emotiva, preadolescenti e adolescenti, di norma, posseggono diverse abilità. Sono infatti consapevoli delle proprie e altrui emozioni, sia quelle di base (felicità, rabbia, tristezza, paura) sia quelle complesse o sociali (vergogna, imbarazzo, colpa, orgoglio, gelosia, invidia, odio). Hanno un vocabolario piuttosto ricco che consente loro di acquisire e condividere schemi di natura culturale che collegano le emozioni ai ruoli sociali.
Insomma: hanno imparato a riconoscerle fin dai primi anni della loro esistenza e, una volta giunti all’adolescenza, le conoscono praticamente tutte. Ma le sanno gestire?
La gestione delle emozioni è affare delicato, soprattutto quando ci si trova di fronte ad una delle componenti più complesse rappresentata dalla comprensione della natura mista delle emozioni. Quando, cioè, dentro di noi se ne sommano più di una. Magari in contrasto tra loro.
Ho paura ma sono arrabbiato.
Sono felice ma mi vergogno.
Mi sento in colpa ma ho la coscienza pulita.
Ma perché per gli adolescenti è così faticosa la gestione delle emozioni sebbene le conoscano e riescano a mentalizzarle?
Intanto perché i ragazzi sono come dei supereroi: tutto in loro è potenziato, amplificato. Sono giovani, energici, forti, entusiasti, appassionati ma allo stesso tempo confusi, combattuti, insicuri. Hanno mille strumenti e risorse in più rispetto al passato ma necessitano di maggiore capacità di gestione di tutte le informazioni che ricevono.
E anche il loro mondo emotivo interno è sempre in subbuglio. Ogni emozione ha un effetto deflagrante sulla loro normalità. E questa, paradossalmente, è la loro normalità.
In adolescenza, infatti, alcune emozioni complesse vengono sperimentate per la prima volta mentre altre esperienze emotive, già conosciute nelle precedenti fasi di sviluppo, si colorano di nuove sfumature. Pensiamo per esempio all’enorme e spesso spropositato investimento emotivo ed affettivo rivolto al mondo dei pari, non più compagni di gioco ma compagni di vita, ricercati come specchi della propria immagine, desiderati per riempire buchi di autostima, temuti come giudici di popolarità.
L’adolescenza è poi anche l’età dell’ambivalenza emotiva. Mai come in questa fase della vita gli affetti sono polarizzati e coesistenti nel qui ed ora. E confondono.
Come possiamo noi adulti aiutare i ragazzi ad affrontare il difficile lavoro di gestione delle emozioni?
Il primo passo è non avere paura di nominare le emozioni, di raccontare ai ragazzi che anche noi adulti le viviamo e fatichiamo a gestirle.
Il secondo è di chiedere loro di attivare le life skills: competenze ampie, complesse, trasversali, che accanto alle emozioni coinvolgono il ragionamento logico ed astratto, le capacità di analisi e di presa di decisione.
Bisogna insomma aiutarli a mettere ordine nel tumultuoso minestrone emotivo che sentono dentro perché si trasformi in competenze di vita. Perché imparino a governarle e a non esserne schiacciati. Stando loro accanto per accompagnarli in questo viaggio.
Che anche per noi adulti, in fondo, non è mai finito.