Ultima modifica 21 Aprile 2021

Come vi avevo anticipato in un articolo precedente, visto che è pure al centro delle discussioni mediatiche di questi giorni, volevo parlarvi della legge che tratta dell’impossibilità di poter accedere ai dati relativi alla loro nascita, da parte dei figli non riconosciuti alla nascita da madri che desiderano mantenere l’anonimato.

La legge italiana, nel caso in cui la madre abbia dichiarato di voler rimanere anonima e non abbia riconosciuto il figlio, stabilisce nell’articolo 28, VII comma, della legge sull’adozione che “l’accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ai sensi dell’articolo 30, I comma, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396“.

La disciplina dettata dalla legge prevede che si possa accedere alle informazioni riguardanti la madre al momento del compimento dei 100 anni dalla nascita del figlio. Si segue cioè l’apposita norma contemplata nel Codice in materia di protezione dei dati personali.  

diritto all' anonimato al parto

Ora, lo coglie anche chi non è proprio proprio dentro alla cosa che, aspettare 100 anni prima che un figlio non riconosciuto alla nascita possa accedere ai dati relativo alla sua nascita equivale a non potersi mettere in contatto con nessuno o quasi della propria famiglia naturale.

Certo è che resta un nodo da sciogliere, quello che c’è fra il diritto all’anonimato della madre biologica ed il diritto del figlio di accedere alle informazioni sulla propria nascita.

Come sempre la libertà di un individuo finisce dove comincia quella dell’altro.
Eppure esiste una proposta di legge studiata dal Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche
proprio per risolvere questo dilemma che è ferma da oltre due anni al Senato.
Questo ddl permetterebbe il superamento di questo scoglio in maniera piuttosto semplice.
Eppure non sembra ci sia la volontà politica per far proseguire il percorso a questa legge affinché venga approvata.

In questi giorni tutto è venuto alla ribalta dei riflettori dopo il caso di una giovane donna bellunese che ha contattato la trasmissione “chi l’ha visto“ per rintracciare la madre di nascita e si è vista recapitare una anonima lettera in cui è scritto che, essendo lei una figlia nata da uno stupro, la madre biologica non vuole incontrarla.

Ora, vorrei provare ad entrare in merito alle emozioni che sono state provocate da questa situazione per come la vedo io: da un parte immagino lo choc della ragazza alla notizia di essere stata generata da una violenza, la delusione di non poter incontrare la donna che l’ha messa al mondo… emozioni pesanti che però non sembrano aver fatto crollare le speranze nella giovane donna che continua a chiedere a questa madre di incontrarla.

Dall’altra mi immagino però anche lo sconvolgimento della madre che si è rivista catapultare in un periodo della sua vita non proprio piacevole da ricordare.

Sono convinta che gran parte del nostro cuore propenda verso la figlia; sono certa che molti, se non tutti, speriamo che questa mamma ci ripensi ed arrivi ad accettare di incontrare il frutto inconsapevole ed innocente di quella brutta esperienza; a tutti piacciono le storie lieto fine.

Resta però il fatto che il diritto all’anonimato al parto resta una cosa fondamentale proprio per proteggere quei bimbi concepiti in situazioni particolari e che, se venisse a mancare questa tutela nei confronti delle donne che li partoriscono, forse non nascerebbero o finirebbero per essere lasciati in circostanze drammatiche.

Un diritto dovrebbe essere rispettato sempre anche quando questo è difficile da accettare.

Quello che però non riesco proprio a capire però è perché, visto che questa situazione sarebbe facilmente superabile proprio con la proposta di legge che langue in un cassetto in Senato, non si possano accelerare i tempi al fine di approvare questa legge.

Qual è questo cambiamento epocale che risolverebbe i problemi?
In termini estremamente semplicistici consiste nella possibilità, da parte del tribunale, di potersi mettere in contatto con la madre rimasta anonima nel momento in cui il figlio chiede di poter conoscere le proprie origine e chiederle se è ancora intenzionata a mantenere tale anonimato oppure concede il consenso per incontrare il figlio che ha il desiderio di conoscerla. “Tutto qui?” direte voi… beh, forse è un po’ più complicato di così ma il principio è quello.

Quindi penso proprio che sia tempo che i nostri politici si mettano al lavoro e riprendano in mano questo progetto legislativo e lo approvino. Forse, nel bene o nel male, questa storia che è rimbalzata sotto gli occhi di tutti in modo magari troppo invadente, può rivelarsi utile affinché le cose si muovano.  

Però, fatemelo dire, qualche dubbio riguardo la veridicità della risposta anonima arrivata direttamente a casa della ragazza di Belluno, ce l’ho e non sono l’unica. Ai miei occhi sembra più una manipolazione proprio per pilotare in senso negativo il percorso di questa legge cercando di generalizzare un caso dove la madre vuole mantenere l’anonimato senza tenere conto delle tante storie che invece hanno avuto un esito ben diverso.
Io sono convinta che un cambiamento sia necessario e che tale cambiamento possa rispettare ogni attore di queste storie perciò auspico che il mondo politico apra gli occhi e si decida ad approvare questi cambiamenti.

Sarò un’illusa?

® Riproduzione Riservata

Riminese trapiantata per amore in Umbria da ormai 18 anni. Ex dietista e mamma attempata, di due fantastici figli del cuore che arrivano dal Brasile. Ma il tempo passa e i figli crescono (e non sia mai avere mamma sempre fra i piedi) ho ripreso a studiare e sono diventata Mediatore familiare, civile e commerciale. E a breve...mediatore penale.

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