Ultima modifica 19 Dicembre 2015
L’altro giorno ho appreso una notizia che non avrei voluto apprendere ma che sapevo sarebbe arrivata prima di presto. Le coppie coinvolte nelle adozioni in Congo stanno “gettando la spugna” e stanno man mano rientrando in Italia senza i loro figli.
Gettare la spugna non è proprio il concetto corretto in questo caso. La sfiducia, le difficoltà e la “realtà della situazione” stanno prendendo il sopravvento e, col passare del tempo, hanno spazzato via la tenacia e la speranza di portare bambini a casa con loro. Ultimamente ci sono state anche pressioni da parte dei responsabili del settore, la Cai (Commissione adozioni internazionali) in testa, che hanno chiesto il silenzio stampa in modo che venissero interrotte tutte le pressioni fatte dall’opinione pubblica sul caso tramite la stampa e internet. Sembra infatti che il governo del Congo non abbia affatto gradito tutto il clamore che ha suscitato in Italia la situazione delle coppie adottive bloccate e che l’ordine di blocco sia partito addirittura dal presidente stesso.
Le ragioni del blocco delle adozioni è sicuramente grave. Il sospetto di procedure non corrette nell’adozione dei bambini è una ragione più che valida per fermare tutto ma bloccare famiglie già formate, senza accelerare le procedure di accertamento sulla correttezza di queste specifiche adozioni che sono un numero limitato, mi sembra decisamente bestiale. Che penseranno quei bambini che erano già inseriti in quelle famiglie? Quale sarà l’entità del trauma che subiranno nel sentirsi nuovamente abbandonati? Sicuramente il prezzo più alto lo pagheranno proprio loro che di manovre politiche nulla sanno.
Intanto Mennillo, commissario della Cai, invita le famiglie a mantenere la calma, a non intraprendere iniziative personali e a interrompere ogni tipo di contatto con la stampa facendo intendere che queste potrebbero mettere a repentaglio le relazioni diplomatiche tra i due paesi, Italia e Congo. Nel frattempo si continua a lavorare in campo diplomatico per dare una conclusione diversa da quella che ormai tutti temono.
Ma è giusto smettere di parlarne? Io temo proprio di no. Ho la grandissima paura che tutto posso finire nel dimenticatoio e che le famiglie vengano abbandonate a sé stesse dopo poco tempo, perché cosa possono contare poche famiglie e pochi bambini contro la “ragione politica”?