Nel mio percorso come arte terapeuta ho seguito un bambino di 8 anni con mutismo selettivo infantile; parlava solamente con i genitori.

Chiaramente, la parte della socializzazione con i pari e la parte del rendimento scolastico, per Federico, erano due realtà problematiche.

Federico (nome di fantasia) frequentava la terza elementare.

Presentava un quadro di “fragilità dell’io”, quel quadro nel quale si inseriscono tutte le fragilità che non sono delle patologie diagnosticate ma disarmonie che comunque minano la tranquilla crescita emozionale.

Possiamo dire che per i primi 10 incontri il bambino non ha mai parlato con me e per lui non era ipotizzabile staccarsi dalla figura materna.

Ricordo che il primo incontro, il giorno in cui ci siamo conosciuti, non ha neanche voluto entrare nello studio dalla paura.

Federico presentava una timidezza e una fragilità emozionale tale da non permettersi la possibilità di instaurare rapporti che potessero essere potenzialmente deludenti.

mutismo selettivo infantile

Arteterapia e mutismo selettivo infantile perché è importante seguire questo percorso.

L’uso dell’arte e dell’espressione grafica è stato sicuramente “uno spazio emozionale” dove potersi esprimere, un luogo neutro nel quale il bambino tirava fuori ciò che era. Ho iniziato così a chiedere a Federico la possibilità di parlarmi attraverso il disegno, cioè attraverso il gesto grafico, l’uso dell’argilla anziché le tempere, anziché i colori in generale.

Federico in questo ambito è stato incredibilmente fantastico ed espressivo.

Ha iniziato ad amare la possibilità di poter creare attraverso l’arte e così ha iniziato a raccontare.

Il lavoro che ha fatto la differenza è stato quello del rinforzo del suo io, nel recuperare le sue potenzialità.

Lavorare sulle potenzialità vuol dire lavorare sui piccoli e grandi punti di forza che la giovane personalità evidenziava.

Piano piano questo “io” prendeva forma attraverso l’espressione dell’argilla e del colore. Il bambino creava cose bellissime che parlavano di sé.

Piano piano aveva la possibilità di riscoprire cose fantastiche della propria persona, cose di cui era capace, cose che riportavano a un valore personale.

Piano piano non c’è stato più bisogno della presenza della mamma all’interno dello studio e un bel giorno Federico ha iniziato a parlare in modo fluido, come se l’avesse sempre fatto, come se avesse sempre utilizzato con me questo canale comunicativo vocale.

Non vi nascondo la grandissima emozione che ho provato in quel momento.

Ho percepito una grande gratitudine per la fiducia che lui dava alla mia persona, come se implicitamente dicesse che aveva capito che non l’avrei tradito mai.

Da lì in avanti abbiamo continuato a perseguire piccoli obiettivi: fare cose coraggiose, provare a fare cose nuove, usare la voce per chiedere informazioni a scuola o ad un adulto.

Anche a scuola, parlando con le maestre, abbiamo concordato piccoli obiettivi che lo aiutassero a uscire dalla comfort zone, senza essere troppo lontani.

Ad esempio, le interrogazioni in corridoio, poi alla cattedra e infine al banco davanti a tutti.

La strada di Federico è stata in discesa grazie alla sua grandissima voglia di comunicare, voglia nascosta per troppo tempo.

Dietro al mutismo si celava un grande scoraggiamento, una disistima di se stesso che lo portava a voler essere trasparente.

Questa è la piccola storia di Federico, un bimbo “coraggioso” uscito dalle briglie della sua fragilità.

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