Ultima modifica 24 Agosto 2020
“Bel curriculum ma… non possiamo permetterci di assumere una donna che poi, magari, mette su famiglia!”
“Il suo è un profilo molto interessante ma, vede, lei ha dei figli, come pensa di poter assumere un ruolo di comando in azienda, se deve anche gestire la famiglia?”
Queste sono solo due delle moltissime frasi discriminanti che molte di noi, donne, si sono sentite dire ad un colloquio di lavoro o, dal proprio capo, in occasione di un possibile avanzamento di carriera.
A volte ci siamo intestardite e abbiamo dimostrato che si sbagliavano, altre volte, abbiamo gettato la spugna, andando a dare ragione a quelle statistiche, secondo cui solo il 50% delle donne italiane lavora, 1 su 5 lascia il posto dopo aver avuto un figlio e le donne che ricoprono ruoli di comando nelle aziende italiane sono ancora troppo poche.
Bene. Tanto vale che vi facciate trovare preparate.
Per rispondere a tono ad ogni perplessità del vostro interlocutore, informatelo che lo scorso 12 settembre, oltre 100 tra le più importanti aziende italiane hanno sottoscritto il Manifesto per l’Occupazione Femminile, promosso da Valore D, un’associazione italiana creata per promuovere l’occupazione delle donne e per favorire la leadership in rosa.
Si tratta, in sostanza, di nove direttive volte a superare la discriminazione di genere in azienda e che tentano di regolamentare i momenti cardine della vita della lavoratrice: dal colloquio di selezione all’eventuale maternità, dal lavoro flessibile alla promozione verso ruoli di comando, fino al monitoraggio costante delle situazioni legate al genere, presenti in azienda.
Se il vostro interlocutore non fosse ancora convinto, allora marcatelo stretto, andate sul pratico, elencandogli tutti i vantaggi che l‘assumere una donna porta con sè:
Assumere una donna vuol dire poter contare su competenze proprie dell’essere femminile, come l’intuizione, l’empatia, la creatività, il tatto, il problem solving e la capacità di essere multitasking.
Assumere una donna significa impennare il proprio fatturato.
Lo provano, per esempio, i calcoli del Fondo Monetario Internazionale, secondo i quali, per ogni donna che sale a livelli manageriali in azienda, i profitti di quest’ultima subiscono un incremento che va dallo 0.08% allo 0.13%.
E, se non vuole farlo per la propria azienda, il tizio che avete davanti deve sapere che assumere una donna ha ripercussioni positive sull’economia e sul PIL nazionale.
Sì, perchè è stato stimato che, per ogni 100 posti di lavoro in più, assegnati alle donne, ne nascono 15, legati ai servizi di cura e assistenza (e sarebbero ancora di più se gli stipendi delle donne consentissero di svincolarsi del tutto dall’aiuto gratuito dei nonni!). Inoltre, quasi la gran parte degli acquisti famigliari è gestita dalle donne che, avendo più soldi a disposizione, si concederebbero qualche spesa extra. “Stasera rientro tardi, prendiamo le pizze per cena!” Una frase che una donna con un lavoro afferma spesso, senza sensi di colpa, e che chiarisce come, se lei è occupata, lo stimolo all’economia sia importante.
A questo punto, forse, avrete convinto il cacciatore di teste che siete la donna che fa per lui, e non per stirargli le camicie ma per condurre la sua azienda!
Molto più probabilmente, purtroppo, uscirete sconfitte, dando ragione a Maria Elena Boschi, quando parla di “obiettivo complicato ed ambizioso”, riferendosi al 70% di occupazione femminile da raggiungere entro il 2020 su caldo invito dell’UE.
Ragazzi, siamo realisti, qui si parla di cambio di mentalità, di rivoluzione culturale e un manifesto, onestamente, mi sembra un po’ poco. Ci vuole tempo e, soprattutto ci vogliono generazioni di lavoro.
Io credo che, per il momento, bisognerebbe lavorare sulla conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia, assicurando, a tutti i lavoratori che hanno figli, uomini o donne che siano, il tempo e la flessibilità necessaria per gestire in modo ottimale le due dimensioni. Questo obiettivo si raggiunge anche grazie a forme di lavoro innovative, che le aziende devono prevedere, e tramite servizi di assistenza e custodia che, invece, lo Stato deve incrementare.
Solo smettendo di fare della conciliazione un problema esclusivamente femminile, è possibile creare un mercato del lavoro che garantisca pari opportunità.
Perchè, prima di promettere alle donne più responsabilità lavorative, occorre fare in modo che possano condividere quelle famigliari, visto, che, diciamolo pure, se è vero che al lavoro tocca andare, i figli vanno cresciuti, educati ed accuditi, altrimenti, si può anche evitare di averli.