Ultima modifica 27 Marzo 2017

“Non riesco a fargli rispettare una regola, che sia una!!!
Fa sempre quello che vuole, se dico qualcosa non ascolta mai”.

Quante volte vi siete ritrovate nei panni di questa mamma?
Lei sta parlando del suo ometto di 11 anni, il quale si trova a metà tra l’essere un bambino da una parte e il diventare un futuro adolescente dall’altra.
Cosa c’è dietro questa faccenda delle regole?! E dietro la difficoltà a rispettarle?!

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare un passo indietro, nella storia d’infanzia di questo undicenne, poiché la mamma lo descrive come un bambino che fin da piccolo faticava ad ascoltare l’adulto di riferimento, sia a casa che a scuola.
Per spiegarvi cosa può essere successo, mi vengono in mente le teorie di Winnicott, il quale sottolineò un rapporto diretto tra l’ “antisocialita’” ed esperienze precoci di “perdita” o deprivazione affettiva. Ovvero, se l’esperienza di perdita è traumatica ed avviene quando il bambino è molto piccolo, le tendenze a diventare “antisociali” saranno più marcate.

Con “tendenze antisociali” si puo’ intendere, in modo più o meno evidente, il mancato rispetto delle regole.

Mentre con il termine “deprivazione” si intende un’esperienza più o meno intensa di carenza affettiva.
Entambe le definizioni lasciano grande spazio all’interpretazione.

I bambini, da piccoli, hanno bisogno di esprimere la propria rabbia nei confronti della figura materna.
Ciò si manifesta nel gioco del bambino, oppure quando i bambini morsicano, anche durante l’allattamento, o in altre circostanze ancora. È la risposta della mamma a questa rabbia, tipica, che permetterà al bambino di capire come fare sia con la rabbia che con le regole.

Ovvero, se la mamma tollera questa rabbia nei suoi confronti, senza lasciarsi sommergere, reagire allo stesso modo, vendicarsi, allora andrà tutto bene. Il bambino sentirà la presenza della madre, che ad esempio gioca con lui nonostante la rabbia, e sentirà di esistere, perché esiste la relazione con la mamma, che non viene distrutta dalla rabbia.

Se invece questo passaggio è difficile, il bambino penserà di dover nascondere questa parte arrabbiata di sé, per dargli poi vita in un secondo momento.

In assenza della mamma nel gioco, che ad esempio si ritira perché non tollera la rabbia, il bambino sentirà una mamma assente, un vuoto affettivo. Sentirà solo rabbia, che rimane non contenuta dalla mamma stessa perché assente, e solo con la rabbia si sentirà vivo.
L’assenza o l’allontanamento della mamma inoltre, farà pensare al bambino di essere lui stesso la causa del distacco, perché ha provato rabbia. Si sentirà poi in colpa.

Tornando alla mamma di cui sopra, ecco allora spiegato questo problema con le regole.
La rabbia del suo bambino quindi si esprime sottoforma di non rispetto delle regole, di aggressività, di antisocialità, perché quando era piccolo lei ricorda di aver avuto paura di questa rabbia, di essersi preoccupata di non saperla gestire.
La mamma racconta di averlo lasciato solo con queste emozioni forti, di non averlo contenuto abbastanza, di aver messo pochi limiti, perché vedeva che lui non reagiva come lei si aspettava e allora ricorda che per lei è stato più facile gettare la spugna.
In questi casi, può essere davvero una sfida fare i conti con un bambino molto molto arrabbiato.

Gettare la spugna, pensiero legittimo per questa mamma, alimenta la rabbia e la sensazione di onnipotenza del bambino.

È importante che ci sia presente l’altro genitore, che aiuti a colmare questo vuoto, che prenda le redini della situazione con il bambino e la sua rabbia, che aiuti l’altro genitore a riacquistare forza e sicurezza di sé.
Questa mamma era fortunata.
Aveva di fianco a sé un papà molto attento e presente che è riuscito ad aiutarla in questa missione.

Sono mamma di una splendida bambina. Terapeuta EMDR, Psicoterapeuta (specializzata in psicoterapia dell'infanzia, dell'adolescenza e delle coppie), Consulente per il Tribunale di Varese in materia di separazione/divorzi e Formatrice in progetti di prevenzione al maltrattamento ed abuso infantile. La psicologia non è solo un lavoro ma una vera e propria passione.

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