Ultima modifica 18 Giugno 2018
L’altro eri è stata celebrata la giornata per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Solo pochi giorni fa tutti i quotidiani riportavano la notizia del bimbo nato artificialmente e portato via ai genitori perché troppo anziani.
E giù a leggere i commenti più pressappochisti, i commenti più generici, quelli più rigidi a ispessire posizioni integraliste che tanto fanno male a chi crede nella fecondità del corpo, in quella dell’anima, nell’amore di voler mettere al mondo figli che attribuiscano senso all’esistenza.
E allora credo che, sia doveroso mettere da parte le proprie convinzioni e mettersi dalla parte di quel bambino innocente e chiedersi se i diritti di questo bimbo siano davvero tutelati sulla base delle sue reali esigenze piuttosto che sulle esigenze di una società, i difensori della cui legalità, continuano a imporre divieti su tecnologie che rispondono ai desideri e ai bisogni di un numero crescente di persone, ottusamente, rimanendo cechi davanti alla realtà.
La maggior parte dei titoli lasciava passare un messaggio fuorviante: bambino tolto ai coniugi vecchi, diventati genitori grazie ad un concepimento artificiale avvenuto all’estero dove leggi più flessibili permettono alle persone di diventare genitori più facilmente.
Una grande confusione ruotava poi intorno al modo in cui i due coniugi sono diventati i genitori di quel bambino, concepito una volta con una fecondazione in vitro omologa, un’altra con una fecondazione eterologa (oggi vietata dalla legge italiana), un’altra mediante un utero in affitto (vietata in Italia).
Pochi, pochissimi hanno riportato le ragioni della sentenza che non hanno a che fare con la vecchiaia dei genitori: “L’età dei genitori- scrive la Cassazione nella sentenza 25213 della Prima sezione civile, presidente Corrado Carnevale – non riveste rilevanza alcuna ai fini della valutazione di mancanza di assistenza, presupposto dell’abbandono e della conseguente pronuncia di adottabilità». Ad avviso dei supremi giudici, la Corte d’appello ha reso una «motivazione adeguata e non illogica», dichiarando l’adottabilità, dal momento che ha evidenziato «una grave e irreversibile inadeguatezza in relazione alle esigenze di sviluppo del minore» e questo «è necessario ribadirlo, del tutto indipendentemente dall’età dei genitori: le inadeguatezze riscontrate potrebbero essere tali anche in soggetti di assai più giovane età».
In base alle perizie eseguite nuovamente in appello sulla coppia, quel che è grave non è tanto l’episodio di per sè, «quanto il comportamento dei genitori caratterizzato da notevolissima sottovalutazione delle esigenze del bimbo, essendo padre e madre soltanto preoccupati di giustificarsi rispetto» ai vicini di casa che si erano allarmati vedendo la bebè piangere da sola in auto. Per la Cassazione, inoltre, non può giocare a favore della coppia, la circostanza di essere stati assolti in sede penale dall’accusa di abbandono di minore in quanto «si tratta di un’assoluzione per mancanza di dolo, che non esclude certo la sussistenza di una colpa».
Dalle analisi dei consulenti era emerso, per quanto riguarda il profilo del padre, che le sue capacità cognitive e il livello intellettivo non erano interessati «da processi di deterioramento legati all’età», tuttavia «il suo desiderio di paternità» sembrava «soprattutto espressione di adeguamento ai desideri della moglie, piuttosto che una sua scelta personale e totalmente condivisa». La perizia sottolineava inoltre «una totale sottovalutazione delle problematicità e delle difficoltà di crescita di un minore».
Quanto al profilo della madre, erano «assenti segni di disturbo psichiatrico». Manifestava però «una costante negazione di qualsiasi problema, che porta a vedere tutti gli interventi di terzi, preoccupati per la sua bambina, come interventi non motivati, inutili e dettati solamente dal pregiudizio per l’età». La bambina soddisfaceva solo un bisogno «narcisistico» e non era «un reale investimento affettivo».
Si è preferito alimentare la fiamma della confusione che da sempre aleggia intorno alle pratiche di procreazione medicalmente assistita, alle fecondazioni omologhe o eterologhe o quelle relative all’affitto dell’utero, portandoci a fare di tutt’erba un fascio, a criticare a giudicare quando e come sia meglio concepire, dimenticandoci di quel bambino che è stato strappato alle persone che lui riconosce come madre e padre e che non sa niente di leggi e divieti.
Non sa che c’è un ordine superiore che decide collettivamente su un tema tanto delicato di come avere un figlio. Non sa che le risposte più corrette sono proprio nei cuori di chi vive l’esperienza di non poterli avere. Che intorno al desiderio di maternità, desiderio naturale, ancestrale, storicizzato e totalizzante aleggiano equivoci profondi, come attorno ai più profondi desideri.
Questo bambino fa parte di una nuova generazione di bambini, quasi tremila che ogni anno nascono in Italia grazie alla fecondazione eterologa o attraverso la maternità surrogata o utero in affitto. Un panorama demografico che cambia ogni giorno, muta, si complica. Una società eticamente in progress. La cultura della società deve per forza misurarsi con la realtà circostante e non può essere legata a principi astratti. Questa società ha bisogno di leggi nuove. Di una nuova legge sulla fecondazione in vitro e del riconoscimento del diritto del bambino che cresce all’interno di un gruppo familiare, indipendentemente da come si è costituito il gruppo, a vedersi riconosciuto il legame affettivo con il genitore non biologico.
Io penso a questo bambino. E mi si strazia il cuore a pensarlo costretto in un istituto, dichiarato adottabile. Penso ai genitori cui lo hanno tolto e dubito, sebbene la sentenza dica diversamente che, persone che hanno lottato tanto per averlo non siano idonei a fare i genitori.
Temo, invece, che tutta questa bagarre sia il frutto di una religiosità integralista e di uno stato che ha molta strada da fare prima di essere uno stato laico.
Malgrado le giornate per la difesa dei diritti dell’infanzia.
A ben guardare, tecnicamente, Gesu’ e’ il primo esempio documentato di fecondazione eterologa con utero in affitto.
A Lui chiedo di vegliare su quel bimbo.
Raffaella Clementi
Il tema è importante,attuale, per certi versi duro nelle implicazione a vari livelli che determina. E’ una questione, a mio avviso, dove si sono scritti fiumi di libri sui pro e i contro dei vari tipi di fecondazione. Quello che però faccio fatica a capire è la conclusione del tuo articolo: la sentenza che spieghi bene è stata emessa da un vescovo o da dei magistrati? la segnalazione della coppia è avvenuta perchè avevano “avuto il figlio” in quel modo o perchè è sorto il dubbio ai vicini che quel bimbo fosse trattato male? Dal dubbio alle indagini, dalle indagini alla sentenza. Non funziona così?
Poi possiamo sindacare rispetto alla scelta dei giudici, ma non vedo il nesso rispetto alla “religiosità integralista” e neppure alla strada da percorrere per essere uno stato laico. Perchè uno stato laico non dovrebbe preoccuparsi del bene di un bambino che – a detta di quei giudici – è in un contesto familiare a rischio?
Non mi importa difendere la Chiesa, nè la religione perchè da credente vivo nella convinzione che il Padreterno abbia “più da perderci” con le battaglie integraliste (che non sopporto) fatte dagli uomini. E diano fastidio pure a Lui (ops, magari piscio fuori dal vaso…). Ma ritengo eccessiva l’accusa finale, rispetto ad un episodio, che a mio avviso ha contorni diversi. ciao
Bellissima analisi…se non fosse stato concepito in quel modo qualcuno avrebbe mosso un dito, se dimenticato un attimo in auto?Io ho un’amica che quando va al mare si fa un pisolino e lascia in acqua da soli i tre bimbi piccoli..tanto cosa vuoi che succeda? Ecco, a lei e a tanti, tantissimi altri genitori i cui comportamenti sono alquanto dubbi, qualcuno va a togliere i figli?
Leggo ora quest’articolo e si abbiamo parlato senza dubbio dello stesso caso, quello che sconvolge e’ che ora la sentenza e’ definitiva e se prima lo spiraglio di una giustizia c’era, oggi e’ tutto finito.