Ultima modifica 17 Giugno 2023
Si può affermare senza timore di smentita che, almeno negli ultimi anni, il tema del bullismo è uno dei più sentiti e discussi tra genitori, insegnanti, esperti e, ovviamente, bambini e ragazzi.
Più precisamente possiamo dire che il bullismo è un tema che fa molta paura.
Suscita emozioni forti e contrastanti. Fa scattare tutti gli istinti di protezione dei genitori verso i figli.
Sarà in grado di difendersi dai bulli?
Sarà abbastanza forte da reagire alle prepotenze?
Che cosa posso fare per aiutarlo se venisse bullizzato?
Chissà se me lo verrebbe a dire…
L’attenzione e l’emotività verso questo tema sono certamente positivi in quanto, rispetto a non molto tempo fa, permettono di affrontare tale fenomeno e, talvolta, addirittura prevenirlo.
Tuttavia, troppa emotività può portare a considerare come fenomeni di bullismo anche situazioni che non lo sono affatto, come litigi estemporanei tra ragazzi e bambini o semplici antipatie o schermaglie.
Molto brevemente, il rischio è quello di ‘vedere bulli ovunque’ e dunque di banalizzare il fenomeno.
Perciò appare necessaria una chiara definizione di bullismo.
Eccola qui: una persona (in questo caso, un bambino o un ragazzo) è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni.
Da questa definizione, emerge chiaramente che il fenomeno del bullismo ha tre componenti principali:
- Intenzionalità: si ha quando una persona arreca disagio o crea un danno in modo consapevole e voluto a un’altra.
- Persistenza: si ha quando una persona arreca disagio o crea un danno a un’altra in modo continuativo e per un medio-lungo lasso di tempo.
- Disequilibrio o asimmetria nella relazione: si ha quando la persona che arreca disagio o crea un danno a un’altra lo fa quando quest’ultima non è nelle condizioni di difendersi o di rispondere in modo adeguato.
Il bullismo può essere messo in atto in due modi differenti ovvero direttamente, quando il bullo attacca in modo relativamente diretto aperto la sua vittima (o le sue vittime), o indirettamente, quando il bullo mette in atto dei comportam
Negli ultimi anni è comparsa una terza manifestazione del bullismo, il cosiddetto cyberbullismo, ovvero l’utilizzo di strumenti telematici per compiere atti di prepotenza verso le altre persone.
Nel cyberbullismo, rispetto al bullismo diretto e indiretto, risulta centrale l’anonimato che la rete permette.
Riassumendo, si può affermare che il bullismo è un tipo di relazione che si realizza all’interno di uno specifico contesto relazionale, in cui è possibile individuare precise gerarchie e ruoli. Inoltre, esso è la manifestazione di un comportamento aggressivo che non viene semplicemente esercitato una tantum, all’interno di situazioni conflittuali sporadiche e infrequenti, ma sembra piuttosto essere una modo di comportarsi che viene messo in atto con una certa costanza e, per così dire, in modo quasi sistematico.
Ciò che risulta sconcertante è che il bullismo sembra essere la sola modalità conosciuta da certi ragazzi per organizzare le proprie azioni nei confronti sia dei pari, sia degli adulti.
Di ciò ne parlerò nel prossimo post che si focalizzerà sulle figure del bullo e della vittima ovvero i due principali attori del fenomeno del bullismo.