Ultima modifica 20 Giugno 2016
Quando si è giovani, e anche giustamente inesperti, si cerca spesso di stupire tutti con cose straordinarie.
Il risultato è che spesso non si ottengono gli effetti mirabolanti che si erano immaginati ma solo un lavoro una po’ decadente e troppa aspettativa delusa. Questo vale per tanti ambiti, anche quello culinario.
Con il passare del tempo si impara qualcosa di magico: le cose migliori sono sempre le più semplici.
Non è una banalità, fidatevi, ma una preziosa perla di saggezza su cui riflettere.
Se lavorate tutto il santo giorno e quanto rincasate vi aspetta una montagna di vestiti da stirare con contorno di casa da pulire, è inutile che vi cimentiate in piatti estremamente elaborati. Non ne avete il tempo, l’esperienza (legata in modo simbiotico al part time che il vostro capo si ostina a non volervi concedere) e sotto sotto neanche la voglia, diciamocelo.
Se poi vi sentite, in uno slancio ormonale, sorelle di Montersino e volete farvi una torta in casa, sicuramente può essere una bella soddisfazione. Può capitare anche di preparare con tanta passione quella di carote ma il vostro pupo, perplesso, ne mangia solo un pezzetto microscopico.
Io, figlia della réclame del Piccolo Mugnaio Bianco e della sua amata Clementina, non mi permetterei mai di criticare la Camilla-Cake, soprattutto se fatta in casa. Anzi, credo che sia buona e anche nutriente ma richiede, oltre al tempo e alla pazienza, un bambino che non sia scettico davanti ad una torta arancione.
Come dire, mi fido della mamma, ma qui c’è puzza di vitamina…
Le strade che potete prendere alla fine sono due: la sbolognate a vostro marito, e voglio vedere con che coraggio la rifiuta dopo che avete sopportato sotto i suoi occhi i dolori del parto, oppure ve la ingurgitate voi, in attesa che la scorta di carotene che vi state coltivando incroci il sole di luglio. Magari a Formentera.
Il suggerimento di oggi è questo: perché non preparare qualcosa, magari un tantino meno salutare del minestrone, ma in una dose ridotta? Una sorta di caramella home-made, di cui sicuramente non dovete abusare, ma su cui potete dilettarvi in decorazioni straordinarie e stupire non solo i pargoli di casa.
L’idea è venuta a una bionda americana, giusto per sfatare il mito che i neuroni non si sviluppano sotto una capigliatura albina. Si fa chiamare Bakerella in un gioco di parole davvero intrigante, e quest’idea l’ha catapultata nel salotto buono di Martha Stewart (ma, dico… ce ne rendiamo conto?).
La sua è una trovata semplice e altrettanto geniale: ha inventato i Cake Pops, mettendo un cupcake, di dimensioni microscopiche, su uno stecchino, come un lecca-lecca. Modellarlo, glassarlo e ricoprirlo, in una miriade di risultati differenti. Questa sorta di Chupa Chups ha sempre un effetto meraviglioso sui bambini, già colpiti dalle forme intriganti e dai colori variopinti. Un po’ come l’invenzione della cannuccia, semplice e disarmante, che ti cattura a 3 anni con il succo alla pesca e ti distrugge a 20 con un Bellini troppo strong.
Se il tempo è tiranno, vi propongo la versione super velocissima: il Marshmallow Pops. Niente impasto, niente fase preparatoria. Prendete solo i tanto amati marshmallows, li glassate e li decorate. Potete farlo anche con i pupi, se non temete il disastro stratosferico in cucina e se riuscite a tenerli a bada durante questo duro lavoro manuale. Non vorrei che fossero più i confetti mangiati rispetto a quelli usati durante la preparazione.
Cucinare con i figli è senza alcun dubbio un’esperienza meravigliosa per tutta la famiglia. Sia per noi mamme, che condividiamo un momento intimo e strettamente confidenziale ma altrettanto per loro che assoceranno la cucina alla nostra figura angelica (solo fino a una certa età ci considerano la loro bussola emozionale indipendentemente da quello che facciamo!). Provateci anche con questi dolcetti di matrice americana e vedrete che il risultato è assicurato.
Bakerella è diventata famosa scoprendo l’acqua calda. Forse perché fare la doccia fredda, in fondo, non piace a nessuna di noi.