Ultima modifica 10 Ottobre 2019

 

Quasi ogni mattina, da quando sono qui, mi capita di pensare alle mie priorità, a quanto sono cambiate.

Il 26 Settembre 1997 ero a Roma per lavoro e alloggiavo al 6° piano di un albergo in centro. Quella notte mi sono svegliata mentre sognavo che qualcuno scuoteva il mio letto. Ricordo benissimo quell’orrenda sensazione. Appena ho aperto gli occhi ho capito che si trattava di un terremoto. Nella freddezza di quel momento ho pensato “sono al 6° piano, non posso prendere l’ascensore e ora che inizio a scendere le scale, se è forte, il palazzo crolla. Tanto vale star qui.” Ma ho preso la mia borsa e me la sono messa a tracolla perché ho pensato che nelle macerie almeno avrebbero saputo identificarmi senza troppe difficoltà. La mia priorità in quel momento era essere identificata. Non volevo rimanere un corpo senza nome.

Nel 2000 sono diventata mamma e, come tutte noi mamme, la mia priorità è diventata mio figlio. Forse anche troppo. Spesso rischiamo di annullare noi stesse.

Nel 2001, pochi giorni dopo l’11 Settembre, ho saputo che stavo per diventare bis-mamma. E in quel momento la mia priorità era dare a mio figlio la speranza di un mondo migliore. O meglio, quella creatura era la mia personale speranza: una nuova creatura a cui insegnare l’amore, il bene e che potesse poi trasmettere questi insegnamenti a macchia d’olio. Povera creatura: nemmeno nata e già così tante responsabilità!

E ora siamo andati avanti. Le nostre vite hanno preso nuove vie e siamo qui. Non ho più paura di non essere identificata ma, come mi hanno insegnato gli abitanti di Kenosha, devi sempre avere a portata di mano una borsa con i documenti importanti. Non per il terremoto ma per il rischio tornado. Così ho creato una borsettina con dentro i passaporti, e altri documenti importanti.

Per cambiare la tua vita, devi cambiare le tue priorità

E quali sono ora le mie priorità? Sono le piccole cose che mi tengono legata alle radici. Sono gli album di foto, i miei diari, il ritratto che mi fece un’amica di famiglia. Sono quegli oggetti che sono simbolici, partendo dai quali posso raccontare ai miei figli pezzi della mia storia, che è poi anche in parte loro. Gli aneddoti che mi tengono legata con un filo sottile alla mia famiglia.

Perché la mia priorità, ora, non è più quella di essere identificata, ma di lasciare un segno, di lasciare ai miei figli un legame con le loro origini.

Ci sono due categorie di espatriati: quelli che tagliano i ponti con una vita passata e lontana, e quelli che invece restano legati al passato. Ecco, io faccio parte di quest’ultima categoria. Già perché ritengo importante che i miei figli abbiano una storia, delle storie da poter raccontare un giorno. Ed è importante che ricordino sempre, ovunque li porterà il loro futuro, che il mio passato fa parte del loro essere ciò che sono. In ognuna di quelle foto c’è un pezzo di storia.

Quali sono le vostre priorità?

 

Renata Serracchioli

Nata ad Ivrea, con il mio compagno condividevo un sogno: vivere in America. Ed è grazie a lui e al suo lavoro (il mio l’ho perso a causa della crisi) che il nostro sogno si realizza.

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