Ultima modifica 20 Aprile 2015
Molti non conoscono neppure il suo nome, ma il suo caso è oggetto di una finction televisiva che sta andando on onda proprio in questi giorni, e così hanno saputo. Enzo Tortora era un personaggio noto, un presentatore televisivo di successo, rivaleggiava con Mike Buongiorno e Corrado, si distingueva per la sua garbata ironia, per la sua gentilezza, per i suoi modi tranquilli da uomo della porta accanto.
Così era sul teleschermo e così nella vita, credo, poiché l’ho conosciuto in un simposio sulla cucina ligure cui lui partecipò in quanto amico dell’oste di prua, che lo conduceva; si era mescolato con i partecipanti niente affatto famosi o importanti come uno di loro, di noi.
Aveva simpaticamente descritto le tavole della sua infanzia, le sue preferenze e il suo amore per la cucina, la cultura ed il dialetto della sua terra.
Ma, come un fulmine a ciel sereno, la notizia fu strombazzata sulle prime pagine dei media: Tortora arrestato, accusato di essere un affiliato di camorra e uno spacciatore di droghe!
Nulla e nessuno ne aveva avuto sentore, nessun giornale aveva mai lanciato sospetto alcuno, nulla si sapeva.
Ma il personaggio era famoso e, come sempre, l’Italia si spezzò in due partiti: gli innocentisti ed i colpevolisti.
Ma che cos’era successo? Un piccolo appartenente alla camorra, accusato di molti reati, con prove provate, si era dichiarato pentito e, promettendo di parlare, di accusare questo e quello, persone più importanti di lui, sperava di ottenere, e in realtà gli erano già state promesse riduzioni di pena, remissione della stessa o, meglio, di entrare nel piano di aiuti e tutela dei collaboratori di giustizia.
E parlò, accusando Enzo Tortora
Riscontri alle sue accuse? Un cognome segnato sull’agenda di un capo, un numero telefonico segnato lì accanto, la frequentazione di studi televisivi, nei quali operava Tortora, da parte del “pentito”.
Gli investigatori, i p.m, il gip ritennero sufficienti quelle prove e nonostante le vibrate proteste di innocenza anche il giudice le ritenne valide, da qui la condanna a 10 anni di carcere.
Ricordo le durissime parole rivolte ai giudici e a chi lo accusava pronunciate da Tortora in aula, ricordo i tono pieno di rabbia impotente : “Io sono innocente, siete sicuri di essere voi innocenti?” E finì in carcere, dove si ammalò, dove non riusciva a sopportare l’onta della pena, il fatto di essere rinchiuso, lui innocente, per una colpa infamante: uomo di camorra, spacciatore.
E uscì perché il suo stato di salute non era compatibile con il carcere, migliorò e continuò a difendersi appassionatamente.
In secondo grado le accuse persero vigore, credibilità.
Il cognome sull’agenda era di un altro Tortora, conosciuto e affiliato di camorra, suo era il numero telefonico e, infine il pentito non era affidabile.
Ecco, ma gli investigatori non avevano controllato a chi si riferisse il numero telefonico? Non avevano accertato che qualcuno con il cognome Tortora facesse parte della camorra? Avevano controllato se qualche altra confessione del pentito fosse risultata vera?
L’altra sera qualcuno, in televisione, ha pronunciato queste parole “i giudici qualche volta sbagliano è normale, altrimenti non ci sarebbero i processi”.
È vero, sono esseri umani e possono sbagliare, ma non si tratta di un errore e nemmeno di una sola persona, come ho già detto erano coinvolti investigatori, p.m e gip, e a nessuno di loro è venuto in mente di fare piccoli, semplici controlli? E, purtroppo non è stata la prima volta, né sarà l’ultima.
Forse nella gioia di aver trovato un colpevole, di essere riusciti a rintracciarlo, hanno messo in secondo piano le prove, non le hanno controllate e si sono fidati di un delinquente, che, fino a prova contraria, era colpevole di molti reati e che con quelle delazioni si sarebbe aggiudicato privilegi sino ad essere pagato, fino a riscuotere, vita natural durante, uno stipendio.
Non vi pare che le parole, le confessioni di reati di altri rese da questi individui debbano essere vagliate con la maggiore delle attenzioni?
Verificate fino all’ossessione? Per non rovinare la vita ad un innocente che pagherà per colpe non sue, per l’incapacità e la superficialità di altri, per le bugie di chi spera di ricavarne qualcosa?
Tortora, riabilitato, ricomparve in televisione, gli fu affidato un nuovo programma, ma era un uomo diverso, ferito irreparabilmente, un uomo segnato…..non era più lui.
Ed è morto giovane ancora.
Ora il pentito chiede scusa per le menzogne, per il fango gettato.
Chi abbia chiesto alla famiglia se accettassero le scuse si è sentito rispondere con voce gelida: noi non consideriamo quell’uomo, non lo abbiamo mai considerato, non ci interessa quello che dice, noi non siamo quelli, i giudici, che gli hanno creduto.
Ecco il pentito si sarebbe pentito, scusate il bisticcio, ma quei giudici, quegli investigatori che hanno, con la predetta leggerezza, accusato e giudicato colpevole Enzo Tortora, quei signori, dicevo, si sono mai pentiti? Hanno pagato in qualche modo il loro mal operare?
Non è dato sapere
certo l’uso dei pentiti ha portato gravi conseguenze quando è stato fatto con la leggerezza del caso Tortora, io non lo conoscevo, ma ho visto la finction e letto con interesse il post di nonnali
Bell’articolo. Sono di classe 1969, cresciuto davanti a Portobello come programma fisso e irrinunciabile del venerdì sera. Mi è sempre piaciuto Enzo Tortora, un grande presentatore, distante anni luce dagli strilloni grezzi e volgari del giorno d’oggi. Quando l’anno arrestato, seppur ancora relativamente piccolo ho subito pensato che si erano sbagliati, e la realtà sarebbe venuta a galla in tempi rapidi.
Così non è stato, ed Enzo ha pagato con la vita l’aver difeso la verità. Questo articolo non menziona che Tortora era stato eletto al parlamento europeo, e che lui stesso rinunciò alla carica, e quindi all’immunità parlamentare, per far affiorare la verità su quell’assurdo processo.
Sei stato un grande Enzo, come uomo e come personaggio: sempre nel mio cuore.