Ultima modifica 20 Giugno 2019
Una Dirigente sospende un alunno e il papà per risposta la denuncia per aver chiamato suo figlio “delinquente”. L’articolo del Messaggero che ho letto riporta questa versione.
Il rispetto per persone e cose non dovrebbe essere un optional nella nostra vita e, invece, per alcuni ragazzi lo è: “Io” posso prescindere da tutti, dalle regole, dall’essere civile, perché io sono io, punto e stop. Le regole non sono per me… semmai sono solo per gli altri.
Sarà stata una storia piuttosto lunga, che poteva lasciare spazio a diverse possibilità da valutare in famiglia, perché non si arrivasse a ciò.
Non è stato fatto e questo è evidente.
Il ragazzo minaccia di morte la Dirigente, ma per il padre questo viene dopo…o non viene per niente.
L’unica parola che, anche nella “legge personale” del padre, acquista un’importanza determinante, tanto da scatenare una denuncia della famiglia, è quella rivolta verso il figlio:”delinquente”.
“Io” posso prescindere da tutti, dalle regole, dall’essere civile perché io sono io, punto e stop.
Le regole non sono per me… semmai sono solo per gli altri.
Ecco, tale principio si sovrappone benissimo sia alla figura del padre, sia a quella del figlio.
Non abbiamo capito ancora che il genitore che educa in modo sbagliato (perché alla fin fine le sfumature si sopportano, ma lo strabordare no), per quanto possa “nascondersi dietro la tenda” avrà sempre i piedi che lo tradiscono. Dietro ad un bambino, dietro ad un ragazzo che non rispetta, c’è un genitore che non rispetta.
Ci sono storie difficili, problemi di solitudine e di abbandono. Ci sono ragazzi cresciuti per strada e genitori che si spaccano per trovare di che andare avanti e non possono dedicarsi ai figli per ragioni oggettive. Su certe situazioni dure non si può discutere e solo aiutare.
Ma come si spiegano certe cose in situazioni di presenza e di vita assidua col genitore?
Demandare alla scuola le nostre responsabilità di genitori è chiedere troppo. Non ce la si fa.
Se a scuola al mattino si deve faticare anche per un quarto d’ora di ascolto collettivo, cosa vogliamo pretendere? E se viene insegnato ai ragazzi ad essere il metro di giudizio di loro stessi e di ciò che accade intorno a loro, cosa può fare un’istituzione, le magie? E se addirittura si arriva ad essere minacciati nella propria persona si deve stare alla finestra ad aspettare che accada il peggio?
L’educazione e il saper stare in modo costruttivo in mezzo agli altri, a scuola si potenzia, si stimola, si amplifica, ma non si impara.
Si impara a casa dalla nascita in poi. E se noi genitori non capiamo questo, possiamo denunciare tutti i dirigenti del mondo, ma a fare i conti con i nostri figli saremo noi e il mondo che camminerà loro accanto, passo dopo passo. Il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio oggi ha detto che l’Italia ha bisogno di legalità e, per quanto si riferisse ai magistrati, credo che certe parole dovremmo sentircele addosso e farne di nuovo un principio. Ripeto, c’è un modo giusto di educare, al di là delle sfumature. Costa tempo e fatica, già.
Ylenia Agostini