Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Suzhou, nel panorama urbanistico cinese, viene considerata una città “piccola”, essendo abitata “soltanto” da poco più di cinque milioni di abitanti. Beh, certo, in confronto alla sorella maggiore Shanghai, che ne conta ben ventiquattro milioni, sicuramente sembra di vivere in provincia. Ma per noi italiani, abituati a ben altre realtà, la sensazione di vivere in una metropoli è forte.
Una delle cose più piacevoli del vivere in una grande (e moderna) città, abitata da moltissimi stranieri, è che l’offerta di ristoranti di diverse nazionalità e stili è vastissima. Ad iniziare dalla cucina cinese, che è variegata e molto diversa a seconda delle regioni da cui proviene. A Suzhou ci sono sia i ristoranti cinesi eleganti, che i baracchini che offrono il cibo di strada: superato il timore di mangiare una pietanza cucinata su un’unta cucinetta all’aperto, l’esperienza può riservare piacevoli sorprese! I cinesi mangiano a tutte le ore del giorno: chioschi e localini sono sempre pieni di gente che sorbisce zuppa o sgranocchia zampe di gallina.
Una delle esperienze più divertenti l’ho avuta in una specie di mensa, frequentatissima da impiegati essendo situata in una zona di uffici e banche: alla cassa ci si fa dare una tesserina che si ricarica con dei soldi (100 yuan, l’equivalente di poco più di dieci euro, bastano per svariati pasti!) e poi si gira tra i vari banchetti dove sono esposti, plastificati, tutti i cibi che vengono proposti. Basta indicare all’inserviente quello che si vuole e viene preparato al momento. Il costo di un pasto completo (e buono!) si aggira sui due euro.
Altro piatto tipico della cucina asiatica (cinese ma anche coreana) è l’hot pot: un pentolone di brodo viene portato in tavola su un fornelletto (oppure, direttamente nella tavola, c’è un buco attrezzato a fornello dove piazzare la pentola) e i commensali vi cucinano dentro gli ingredienti che hanno scelto: carne tagliata a pezzi sottili, foglie di cavolo cinese, funghi o tofu. Tutte cose che rendono il brodo incredibilmente saporito.
Uno dei miei ristoranti preferiti è il cinese-vegetariano: ogni piatto tipico della cucina cinese (dal “pollo” in agrodolce agli involtini primavera) viene riproposto in chiave veg, utilizzando derivati della soia, con una maestria che mi lascia ogni volta stupefatta.
Per quanto riguarda il panorama internazionale, non credo manchi a Suzhou nessuna cucina del mondo: ci sono i ristoranti indiani, messicani, thailandesi, francesi, italiani (ovviamente!), le birrerie tedesche e i sushi bar giapponesi. Ogni ristorante, poi, ha le sue caratteristiche peculiari: in quelli giapponesi, se il gruppo è numeroso, viene sistemato in una saletta privata. Privacy e possibilità di portare giochi per i bambini: cosa si può chiedere di meglio? Nelle birrerie, invece, molte volte c’è la musica dal vivo. Qua in Asia a farla da padrone sono le band filippine: sembra che questo popolo abbia la musica nel sangue e le loro cover sono sempre eseguite perfettamente! Uno dei ristoranti più famosi del quartiere dove abitiamo, invece, deve il suo successo alla piccola saletta-gioco per i bimbi: la cucina (messicana) non è male, ma la sua nomea di locale adatto ai bambini (organizzano anche le feste di compleanno) è stata la sua reale fortuna.
Andare al ristorante a Suzhou non è solo un’esperienza interessante per il palato, ma è spesso anche divertente poiché si scoprono diversi ingredienti e modi di cucinarli. Alla nostra famiglia, ad esempio, piace molto il barbecue coreano: al centro del tavolo c’è un buco che viene riempito con carboni ardenti e coperto da una griglia, sopra viene sistemata una piccola cappa aspirante. Sulla griglietta si cucinano sottili fette di carne che poi vengono condite con salsine, aglio, prelibatezze varie e racchiuse in una croccante foglia di insalata a mò di involtino. Delizioso!
Inoltre spesso i ristoranti offrono la formula “all you can eat”, ovvero, per un prezzo fisso a persona, puoi mangiare tutto quello che vuoi (dal buffet o dal menù, dipende dai posti).
Le possibilità di coccolare le papille sono molto vaste e, in questi due anni, siamo riusciti tutto sommato ad esplorare un numero limitato di stili e cucine: ci sono ancora tanti posti da scoprire! Ma non mi do per vinta: al grido di “pancia mia, fatti capanna!”, mi getterò ben volentieri in questa sfida.