Ultima modifica 7 Febbraio 2017
Dico sempre che se qualcuno è nato con la camicia, io sono nata con un libro in mano.
Da piccolissima ho sempre invidiato chi leggeva: mio padre ed il suo quotidiano, mio nonno che sceglieva un libro dai suoi scaffali…
A me compravano il corrierino dei piccoli che io imponevo a mia mamma di leggere sino a che non imparavo a memoria tutto, così potevo fermarmi davanti all’edicola e ‘leggere’ le pagine esposte.
Sono nata a febbraio e, nonostante fossi piccola e magrissima, mi avevano sempre inserito in una classe di bambini nati l’anno prima, così quando tutti i miei compagni si iscrissero alla prima elementare mi ribellai violentemente: anch’io volevo frequentare la prima, anch’io volevo imparare!
Non avrei sopportato, anzi non avrei frequentato mai più la scuola dell’infanzia che, allora si chiamava ufficialmente asilo infantile!
Soprattutto volevo imparare a leggere e non dipendere da altri per conoscere il contenuto dei libri.
Devo aver fatto un putiferio così grande che mio padre, che normalmente ignorava i miei desideri, dopo essersi consigliato, dato che non avrei potuto accedere ad una scuola pubblica, mi iscrisse in una scuola privata, che godeva di un’ottima fama di capacità e di severità, sicuro che sarei ritornata a più miti consigli ergo avrei accettato di ritornare all’asilo dopo breve tempo.
Sbagliava.
Era l’anno scolastico 1948-49 e i programmi scolastici erano alquanto diversi da quelli di oggi.
Quante pagine riempite con aste, diritte od oblique, puntini, trattini, per, uguali, stando ben attenta a restare tra le righe, ad osservare la medesima distanza tra i tratti, usando naturalmente la matita e la gomma per cancellare gli errori.
Poi dopo un mese, lo ricordo come fosse oggi, siamo passati alle decorazioni, cornicette fiorite, greche, e ancora aste, trattini, puntini circondati da stelle, fiorellini, pagine incorniciate come quadri, tante e tante pagine, poi, finalmente, le lettere dell’alfabeto, pagine e pagine per ognuna, tutte con le loro belle cornici, tutte in bella calligrafia, usando sempre matita e pastelli.
Non ricordo quando e come ho imparato a leggere, non ho avuto la minima difficolta, ricordo l’invidia delle mie compagne perché leggevo bene, senza problemi e senza pause, forse perché ero abituata a fingere di leggere da sempre.
Ma quella scuola, che ho frequentato solo 2 anni, era all’avanguardia e molto diversa dalle altre, avevamo un insegnante di ginnastica, una di lavori domestici, una di dizione e recitazione, una di religione, tutte madri canossiane, tutte preparatissime ed esigenti.
Eravamo 40 in prima, ridotte a 21 in seconda, la sforbiciata avveniva nelle prime classi, premiavano il merito in maniera assoluta ed evidente, ogni trimestre pubblicavano, nell’ atrio della scuola in piena vista, un albo d’onore dove erano segnalati, classe per classe ed in stretto ordine di merito, i nominativi degli alunni degni di tale menzione, attenzione solo di quelli bravissimi non bravi o sufficienti.
Questa la differenza più grande: l’importanza del merito!
Che fosse poi giusto o sbagliato il metodo non lo so, so soltanto che io ho vissuto almeno un anno di rendita, quello che avevo imparato in seconda, l’ho ripassato in terza, quando, in un’altra città, ho frequentato la scuola pubblica e ho sempre rimpianto il trasferimento di mio padre che mi aveva, tra l’altro, impedito di proseguire lì miei studi.
Dimenticavo, poiché quella era una scuola privata, dovetti, per essere ammessa a quella pubblica, superare un esame a 7 anni, con maestri estranei, provenienti addirittura da un’altra città, ricordo che, pur essendo la prima della mia classe, certificata dalla posizione nell’albo d’onore avevo solo tutti 8 in pagella, all’esame ho ottenuto la media del 10.
Oltre all’estremizzazione del valore del merito, alla differenza di rapporto tra insegnanti e alunni che nessuno di noi, alle elementari o successivamente, avrebbe trattato se non con deferenza, sempre con il lei ( usato nelle superiori anche nei confronti delle alunne da insegnanti maschi) la differenza tra scuola di oggi e quella dell’altro ieri è data soprattutto dalla scomparsa dell’ordine, che si manifesti nella scrittura o nel comportamento, certamente più amichevole ma troppo disinvolto e soprattutto negli esami.
C’era un esame in 3 elementare ed 1 in 5, poi se si volevano proseguire gli studi, 1 di ammissione alla 1 media quindi 2 esami diversi, con programmi diversi nell’arco di 15 giorni a 9-10 anni. Poi quello di terza media e quindi la maturità su tutte le materie e su tutto il ciclo di studi, per i fortunati che frequentavano il classico, un ulteriore esame al termine del ginnasio.
Della serie gli esami non finiscono mai.
Meglio oggi o allora?
Una gran bella storia. Come alunno,classe 1949, ho sostenuto esami in II elementare, V elementare, d’ammissione alla Scuola Media e infine quelli di Maturità. Oggi, quest’ultimi, sono diventati dall’.s. 1997/98 Esami di Stato, ma continuano ad essere denominati esami di maturità perchè, come sempre, la pigrizia vince. Dico che il “mio” percorso scolastico è stato decisamente migliore e più formativo di quello attuale, perchè il parametro guida è stato: Il merito innanzitutto. Lo dico come ex insegnante occupato nelle scuole medie superiori ,eccetto i primi due anni lavorativi. Purtroppo il tracollo è avvenuto dal 1992 in poi …