Ultima modifica 3 Giugno 2021
Quando la colpa è tutta degli altri vuol dire che è presente un’enorme difficoltà a riconoscere delle proprie parti di se’.
Mi spiego.
Abbastanza spesso mi capita di raccogliere la storia di crescita di un bambino o di una bambina, raccontata dai genitori. Mi è molto utile per contestualizzare un problema o una difficoltà per i quali mi si chiede aiuto.
I genitori si esprimono con gioia nel ricordare le varie tappe di crescita del proprio bambino o bambina.
Il raccontare permette il ricordare.
Il ricordare permette il rivivere.
Il momento diventa quindi l’occasione per tornare un po’ indietro nel tempo e rivivere alcuni attimi di una relazione e vita oramai passate.
Tutto fila liscio fino al momento in cui una mamma o un papà iniziano ad annusare il nodo, la difficoltà, il problema.
A volte lo riconoscono, altre volte no.
In ogni caso, desiderano prenderne le distanze.
Be’ chi non vorrebbe…
Di fronte ad un qualcosa di difficile è istintivo e protettivo scappare ed allontanarsi, soprattutto con le emozioni e con i propri figli.
Ci sta.
In tal modo, si sopravvive ad un qualcosa di emotivamente troppo grande per essere digerito.
Il problema però sorge quando questo meccanismo non è più sufficiente ed allora la persona deve ricorrere a qualcosa di ancora più distanziante.
Mi spiego.
Per allontanare da se’ la consapevolezza di una difficoltà, sua o del figlio, non solo la si nega, ma spesso la si attribuisce all’altro.
Per la serie “c’è un problema, ma non è mio, anzi è tuo”.
E così uno se ne lava le mani.
Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione simile?
Potrebbe essere all’ordine del giorno.
Quando si tratta però di difficoltà emotive-relazionali comportamentali quindi psicologiche, la teoria “ciò che non è mio, perché non lo riconosco, è tuo” potrebbe creare qualche difficoltà.
Quanti genitori buttano la colpa sulla scuola al posto di guardarsi dentro (o viceversa…)?
Quanti genitori danno la colpa ad altri bambini per proteggere il proprio?
Quante volte capita che all’interno di una coppia ci si addossa la colpa per non prendersela?
Di esempi ce ne sono un mucchio.
Non siamo qui a giudicare chi fa cosa, tuttavia è curioso il perché lo si fa.
È troppo difficile fare i conti a volte con aspetti propri che non piacciono, addirittura che non sopportiamo, al punto che dobbiamo sentirli fuori dalla nostra mente.
È rassicurante vedere che questi aspetti vivono nell’altro e non sono nostri.
Ci sentiamo protetti.
Siamo salvi rispetto ad una nostra parte che non gradiamo.
Questo meccanismo mica può durare a lungo però!
Arriva sempre quel momento, quell’occasione in cui quella maledetta parte si schiaffa davanti agli occhi della mente.
E allora?
Come la si affronta?
Se si è psicologicamente attrezzati, il che vuol dire che anche un poco questa parte la si conosce, allora forse possiamo accettarla con il tempo.
Viceversa, se non si possiede nemmeno uno strumento si rischia una vera e propria “crisi”, perché a nessuno piace sentire di avere dentro di se’ un qualcosa che da sempre e’ stato oggetto di rifiuto. A nessuno piace riconoscere che davvero è il proprio figlio ad avere una difficoltà.