Ultima modifica 2 Settembre 2016
Dopo aver visto che cosa s’intende per intelligenza emotiva e a che cosa serve, adesso arriviamo alla pratica:
Come possiamo promuovere lo sviluppo di questa intelligenza nei nostri figli?
Intanto partiamo col dire che è bene cominciare fin da quando sono piccoli, perché nei primi tre anni si gettono le fondamenta della personalità del bambino di oggi e quindi dell’adulto di domani.
Nell’educazione all’intelligenza emotiva gioca un ruolo importante anche il nostro rapporto e il nostro atteggiamento nei confronti delle emozioni e dell’affettività.
Infatti, se noi per primi abbiamo delle difficoltà nel tollerare o gestire alcune emozioni, rischiamo di comunicare tali difficoltà ai nostri figli.
Ad esempio, se quando ci arrabbiamo, diventiamo esplosivi reagendo con aggressività verbale, rischiamo di comunicare un messaggio sbagliato (“la rabbia è esplosiva, non è gestibile”), inducendo così i nostri figli a reagire alla rabbia in modo simile oppure, per controreazione, implodendo per paura di esplodere.
Noi genitori comunichiamo moltissimo attraverso il nostro comportamento sia in virtù di come reagiamo alle nostre emozioni sia di come rispondiamo alle emozioni dei nostri figli. Infatti se, ad esempio, quando nostro figlio piange e si dispera dinanzi anche ad una piccola frustrazione, noi ci preoccupiamo e subito interveniamo ponendo rimedio, anche in questo caso rischiamo di veicolare un messaggio sbagliato: “la frustrazione è intollerabile, bisogna subito tamponare”.
A queste premesse fondamentali, aggiungiamo altri suggerimenti:
Aiutiamo i bambini a riconoscere le emozioni dando loro un nome: quando nostro figlio ha una reazione di rabbia, possiamo intervenire traducendo in parole quello che lui prova, così che si senta compreso e che a sua volta impari a definire quello che sente dentro;
Insegniamo loro che le emozioni sono normali e che non esistono emozioni “che vanno bene” e altre “sbagliate”. Infatti è importante che i bambini si sentano accolti e normalizzati nel loro emozionarsi, soprattutto quando provano emozioni spiacevoli e intense, che talora possono spaventare e indurre la fallace convinzione di “sbagliare” o di essere “cattivi”. Inoltre è importante precisare che le emozioni si manifestano anche a livello fisico, così da evitare che i sintomi fisici possano essere mal interpretati (come negli attacchi di panico degli adulti).
Con i bambini dai tre anni in poi, possiamo anche intervenire aiutandoli a trovare delle soluzioni di gestione e di espressione delle emozioni più adattive e funzionali, partendo proprio dalle esperienze (dirette o indirette) che raccontano o vivono.
Infine, come già ci siamo detti altre volte, insegniamo ai nostri figli ad essere positivi e a guardare a se stessi e alla vita col sorriso e con fiducia, per vivere bene e far fronte alle difficoltà e agli stress della vita.