Ultima modifica 6 Novembre 2015
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono tornate ieri ad interpretare la legge Fini-Giovanardi n.49 del 2006, risolvendo il precedente conflitto di giudicati, chiarendo che è consumo personale, e non integra reato, comprare droga per incarico di un gruppo di amici, come non lo è andare tutti insieme ad acquistarla.
Il problema stava nella definizione dell’uso personale, prima ancorato alla nozione di “modica entità” dello stupefacente acquistato: se un gruppo di amici, in previsione di una serata insieme, fa una colletta e da incarico ad uno di acquistare la droga, è ovvio che la quantità complessiva sarà superiore a quella considerata uso personale per un singolo, e alcune decisioni delle sezioni semplici della Cassazione hanno ritenuto che si trattasse di spaccio.
La decisione è equilibrata e condivisibile, perché mi pare ovvio che non cambi la sostanza se, invece di mandare uno solo a comprarla, si va tutti insieme a comprare ciascuno la propria dose: la quantità risultante dalla somma comunque non cambia, e non cambia la porzione che consumerà ciascuno.
Il caso però evidenzia il compromesso, a mio avviso irrazionale, adottato dalla legge: se non è reato il consumo, è pur vero che da qualcuno quello stupefacente si acquista, e costui è punibile per spaccio. Ma lo si potrà processare solo quando sia stato colto dalla polizia giudiziaria in flagranza, nel momento in cui cede lo stupefacente e ritira i denari, o comunque si trovino in casa sua strumenti necessari a frazionare le dosi, come bilacine di precisione, e grosse quantità di stupefacenti. Se, invece, gli si trovassero quantità minori, potrebbe evitare il processo e la pena trovando un gruppo di amici che dichiarassero di averlo mandato loro a comprare la droga per tutti. E, attenzione, non si fa distinzione tra droghe leggere e pesanti: il principio del consumo personale vale per tutte, e il caso oggetto della sentenza riguardava l’eroina.
Coerenza vorrebbe, piuttosto, che si legalizzasse il consumo delle droghe, leggere, oppure si scegliesse l’altra strada della sanzione dello stesso uso, come in per le droghe pesanti.
Personalmente, credo che molti ragazzi si avvicinino alle droghe leggere per il gusto del proibito, e trovarle in farmacia le renderebbe molto meno allettanti, oltre che più sicure perché si imporrebbe un controllo sulla loro composizione, e si stroncherebbe una delle principali fonti di reddito delle associazioni criminali.
Nelle nostre città non ci vuole molto a trovare chi spaccia, perfino ai cancelli delle scuole medie: mi pare il sintomo più evidente del fallimento della logica di compromesso che, anche in questo caso come in tanti altri, ha ispirato il nostro legislatore.
Stefania Stefanelli
Credo che alla base del problema vi sia un preciso intento in chi legifera di fare in modo che il commercio della droga rimanga in mano alla criminalità. È talmente lapalissiano che basterebbe venderla in farmacia per scongiurarne l’uso, che anche il più superficiale dei parlamentari ci arriverebbe; manca la volontà, mentre abbondano i collusi…
Grazie Giampi. Tra la sciatteria, il compromesso, e la collusione, non so quale possa essere la qualità peggiore di un legislatore. Non mi riferisco ai firmatari della legge, ma alla maggioranza tutta che l’ha approvata. E’ del resto vero che quella compromissoria è una tendenza piuttosto diffusa anche nella nostra società civile, e non pochi concordano con l’impianto di questa legge.