Ultima modifica 17 Giugno 2023
Cosa resta di un anno scolastico?
Nulla che si possa toccare.
Le emozioni discordanti di un saluto alle 13.10 con 43 bacini sulla testa, come sempre.
Tutto ronza nella mente e fa un rumore che va da zero a impossibile in pochi secondi.
Se la scuola fosse solo una successione scandita di lezioni (come qualcuno ancora tende a pensare o spera che sia) farebbe solo tic-tac, tic-tac in un silenzio polveroso, vecchio.
Invece è una storia a sé, costruita da momenti significativi intrecciati, di racconti interrotti e cose non dette, ma capite ugualmente, grazie ad una familiarità che all’esterno non si può immaginare.
Le parole “chiave” di quelle storie risuonano in testa, dette proprio dalle loro voci, mentre si cammina per i corridoi vuoti; quei corridoi dove oggi si sentono i passi, evento impossibile da metà settembre ai primi di giugno.
La mente passeggia dentro le stanze di un anno, ciascuna delle quali racchiude eventi simili.
Tutte le risate spontanee e i momenti sereni in cui abbiamo imparato tanto, tutti, prima porta a destra… il corridoio e poi a sinistra, si ritrovano immagini di lavoro faticoso, complicato, che lasciano il segno.
Due passi e sei in fondo, tra tutte le esperienze fatte col cuore e, nello stanzino di quelle così così, quelle che si potevano anche evitare ma che ti insegnano che troppo cuore non va neanche bene.
Ci si accorge di fare un lavoro strano.
Un ventaglio che si apre e si chiude ogni anno, lasciando fuori l’estate, perché l’estate, di mattina, loro vanno a far risuonare altri luoghi.
C’è di nuovo chi se ne andrà in Inghilterra, chi se ne torna in Australia, chi cambia scuola perché la vita è così.
Senti le voci di un anno scolastico… sì, un po’ matte.
E noi, matti lo siamo quando finisce un anno di scuola.
Sentiamo le loro voci, mentre come ogni anno si riaprono le polemiche sulle ferie, sui compiti per le vacanze.
E come ogni pensiamo, speriamo, che si dia più valore alla scuola.
Che ci siano più fondi, più teste pensanti.
Che i genitori ci diano fiducia.
Speriamo che prima o poi ci si riesca ad aggiornare senza contare solo sui propri mezzi.
Corsi di aggiornamento, responsabilità. Merito.
Beh ora non ci voglio pensare.
Come se la nostra scuola italiana non avesse problemi. Normale amministrazione.
Proprio l’ultimo giorno una bambina simpaticissima mi fa ”Maestra sei stanca, si vede lo sai?
Ma ti prenderà la nostalgia di noi… beh, non è vero?” sorridendo con la testina inclinata.
Sì, è vero.
Provato mai a vivere 5 ore al giorno intensamente con qualcuno e poi non vederlo o sentirlo per 3 mesi? Qualcuno di cui ti sei preoccupata senzasoluzionedicontinuità per 5 ore al giorno e oltre, perché non si facesse male, perché non perdesse il filo del discorso, perché scoprisse una buona volta dove vuoi arrivare con le tue domande.
Sia la testa che il cuore ci mettono un po’ ad abituarsi ad un nuovo ritmo di vita, ad un respiro diverso, ad una responsabilità non più richiesta: in sospensione estiva.
Anche le corde vocali si accorgono che l’anno scolastico è giunto alla fine.
Dopo 10 giorni ricominci a cantare “Living on a prayer” di Bon Jovi (ognuno ha le sue fisse) arrivando alla nota più alta senza gracchiare come una cornacchia sgualcita.
E dopo 10 giorni sei al pc e ti esce fuori la cartella “fotoscuola2019” e ci vai a sbirciare per “ripassare la lezione” che il prossimo anno dovrai “ripetere con parole tue” .
E’ un lavoro.
Sì, convinciamoci che sia un lavoro e che possa essere misurato.